Birdman

 28/2/2015. Regista: Alejandro González Iñárritu. Sceneggiatura: Alejandro González Iñárritu, Nicolás Giacobone, Alexander Dinelaris, Armando Bo. Interpreti: Michael Keaton, Emma Stone, Edward Norton, Zach Galifianakis, Naomi Watts, Andrea Riseborough, Amy Ryan, Merritt Wever. 118 min. USA. 2014. Giovani-adulti. (DS) 4 Oscar: film, regia, sceneggiatura originale e fotografia (Emmanuel Lubezki). Due Golden Globes: Attore commedia o musicale (Michael Keaton) e sceneggiatura.
Birdman mi sembra la cosa migliore che ho visto sul grande schermo da molti mesi e penso che passerà molto tempo prima di vedere qualcosa di simile. Alejandro González Iñárritu ha girato un grande film, una satira intelligente sulla cultura dello spettacolo, con un packaging formale che tocca il prodigio.

Il regista messicano -che aveva pattinato in Biutiful-  si introduce tra le quinte di un teatro di Broadway per raccontare una storia di per sé poco originale: quella di un attore caduto nel dimenticatoio, che oltre a recuperare la fama che ha avuto un tempo, vuole ottenere il prestigio che sempre gli è stato negato per l’interpretazione di un supereroe. La ricchezza dello script di Birdman è che, da questo quasi aneddoto, González Iñárritu e i sui co-autori costruiscono una fitta rete di filoni collaterali di dolorosa attualità che parlano, in fondo, delle ferite mortali di quello che ancora chiamavamo civiltà occidentale: l'insostenibile leggerezza, la sua disperata ricerca di riconoscimento sociale, la sua ridicola egolatria, il suo triste relativismo, la sua ignoranza compiacente. Un cocktail esplosivo che esplode in faccia dei personaggi -egolatri, vani e superficiali- in forma di profonda infelicità.

González Iñárritu aveva già esplorato l’insoddisfazione umana negli altri suoi film, ma paradossalmente è qui, in una commedia, dove questa analisi raggiunge la sua massima profondità. Tra le altre cose, perché Iñárritu riflette non solo sulle cause di infelicità, ma mostra come alcune delle uscite di emergenza che propone la nostra società (dalla fama al prestigio, attraverso il sesso o il benessere economico) ti sbattono contro un muro.

Ed ecco che qui arriva la vera genialità di Birdman: la risposta sottile al grido di ogni personaggio che chiede cosa accade nel mondo. E dico sottile perché Iñárritu dà una risposta, non per argomento o linee di dialogo, ma attraverso la forma. Per fare questo, sceglie il maestro Emmanuel Lubezki, direttore della fotografia di Terrence Malick, e accompagna il suo film con una solida colonna sonora sostenuta dalla batteria. Un falso piano-sequenza segue i personaggi durante le due ore del film senza fermarsi in nessun momento, in un apparentemente confuso via vai di situazioni, impatti emozionali, lotte e riflessioni con voce in off. Al movimento si aggiungono rumore, tamburi, la batteria in crescendo, l'esplosione dei piatti. Birdman è fretta, nervo, rumore, agitazione, confusione, evasione, fuga, ignoranza. O forse, visto altrimenti, è silenzio, radici, riflessione e pausa. Semplicemente meraviglioso.

Che gli attori siano egregi in un film superbo non è importante. Quando un pezzo è così millimetricamente ben lavorato è raro che qualcuno stoni. Non succede nelle grandi sinfonie. E non succede in Birdman. Ana Sánchez de la Nieta. ACEPRENSA.


Pubblico: Giovani-adulti. Contenuti: D, S (ACEPRENSA)

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