Habemus Papam

23/4/2011. Regista: Nanni Moretti. Sceneggiatura: Nanni Moretti, Francesco Piccolo, Federica Pontremoli. Interpreti: Michel Piccoli, Nanni Moretti, Margherita Buy, Jerzy Stuhr. 104 min. Italia. 2011. Tutti

Alla morte del vecchio Papa, il Conclave si riunisce per eleggere il nuovo pontefice. La scelta cade sul cardinal Melville, ma il prescelto cade preda di dubbi e fortissime ansie - dovute al timore di non essere in grado di salire degnamente al soglio pontificio - Per risolvere la situazione, il Vaticano decide di rivolgersi a uno psicologo, il professor Brezzi, ma la situazione si complica per il fatto che il conclave non è ancora ufficialmente chiuso e i cardinali restano bloccati in Vaticano...



E se un odierno successore di Pietro si affaccia dal balcone vaticano, guarda la piazza gremita di gente all’inverosimile - un popolo plaudente, lieto, rassicurato e desideroso di conoscere il volto del nuovo pastore - e inaspettatamente dichiara di rinunciare alla missione? Su questo assunto si regge il nuovo, undicesimo lungometraggio di Nanni Moretti, Habemus Papam.

Ci perdonerete se abbiamo svelato il finale, cosa che non si dovrebbe mai fare. Ma non c’è alternativa, poiché di questo, e soltanto di questo, parla il film: della rinuncia. È morto un Pontefice. Vediamo con immagini di repertorio il funerale di Giovanni Paolo II in piazza San Pietro. Attacca la finzione, nel conclave quasi totalmente composto da vecchietti timorosi, pieni di acciacchi, con il comodino ingombro di medicine. Pregano questi cari vecchietti. Pregano il Signore che li risparmi dalla prova finale: la conduzione della barca. Alla fine ci si orienta su Melville (un misurato e bravo Michel Piccoli). È fatta. Applausi, baci, inchini. Abito da cerimonia, acconciato in fretta. Stola rossa. La grande finestra aperta sul mondo, ecco la lieta novella: «Habemus Papam». Il cerimoniere felice si gira per introdurre il nuovo nocchiero della cristianità. Non esce nessuno. Anzi, si odono grida, richieste di aiuto. Il Papa è in preda alla paura. Il sorriso si spegne sulle labbra di tutti. Il silenzio cala gelido sulla folla festante. Comincia l’avventura di un povero vecchio, che smette subito la veste bianca, intimorito e schiacciato dal peso della responsabilità. Da giovane voleva fare l’attore. Ma fu costretto a rinunciare. Così ha intrapreso un’altra carriera, che l’ha portato, di teatro in teatro, al più grande palcoscenico della storia.

E Nanni Moretti? Eccolo accorrere al capezzale del Santo Padre in stato confusionale. Ha il volto severo dello psicologo di fama, il «migliore»: separato, lavoratore, saccente, non credente, vestito come un prete. In La messa è finita, nel 1985, Moretti era un giovane sacerdote, senza barba e con la tonaca, alzata con le mani per correre senza impacci appresso al pallone in oratorio. Don Giulio era arrabbiato, autoritario, tagliente, intransigente. Curava le anime: un terrorista, un omosessuale, la sorella intenzionata ad abortire, il padre scappato di casa con una più giovane. E gli toccava di vegliare il corpo della madre suicida. Ora, in abito scuro, è al capezzale del Papa tormentato. Cerca di soccorrerlo non con le Sacre Scritture, ma con il verbo di Freud, «maestro del sospetto» somministrato quale estrema medicina.

Moretti è in grande forma. Scherza, cava dal cilindro una battuta dietro l’altra. Costretto a convivere col collegio cardinalizio, organizza tornei di pallavolo, batte con astuzia i cardinali alle carte, e prova a parlare col «paziente». Dai discorsi sono banditi però riferimenti a sesso, madre, infanzia (solo di sfuggita e con tanta cautela), sogni. Quindi non si parla di nulla. Si sospetta un «deficit di accudimento»: ma è solo un’ipotesi. Bene. Siamo al finale: la grande rinuncia. La Chiesa ha bisogno di un profondo rinnovamento, deve amare tutti, dice il Papa prima di eclissarsi per sempre. Se prendessimo Habemus Papam per una pura e semplice commedia, ci sarebbe poco da aggiungere. Quando Moretti si impegna è irresistibile. Ma chiudiamo qui? Ce la caviamo con la commedia, le risate, la caricatura grottesca? In realtà Moretti aveva in mente ben altro progetto. Voleva - come ha sempre fatto - ritrarre il mondo, magari deformandolo. La macchina da presa doveva scandagliare il fondo dei Sacri Palazzi. E qui, proprio qui, sta la macroscopica debolezza del film. Di questo mondo Moretti non capisce nulla. Non ne ha la minima conoscenza, sensibilità, comprensione. Non mostra nessun rancore verso la Chiesa come istituzione. E riesce anche a trasformare, con autentica simpatia, i vecchierelli cardinali in allegri ragazzotti, impegnati a ribattere il pallone dall’altra parte della rete. Moretti nel suo cinema non è mai stato ostile alla religione. Come non è mai stato ostile alla vita. Probabilmente, come molti della sua generazione, è stato attratto da Giovanni Paolo II (Melville, per sua stessa ammissione, a lui rimanda).

L’ultimo successore di Pietro di Habemus Papam, però, è privo della dimensione religiosa. Potrebbe essere fabbro, medico, attore, venditore ambulante. Ma non uomo di fede. Si può fare un film su un uomo di fede (anzi, sulla guida di un’immensa e planetaria comunità religiosa) staccandolo dalla prospettiva divina? Il giovane don Giulio, nel finale di La messa è finita, prima di partire per un posto lontano, spazzato dal vento, finalmente rideva. Sulle note di Ritornerai di Bruno Lauzi, il mondo si fermava, e tutti i presenti iniziavano a ballare. Habemus Papam si chiude nel silenzio, nel buio, nell’angoscia. Caro Moretti, per il prossimo film perché non richiami don Giulio dall’esilio in Patagonia? Claudio Siniscalchi, per gentile concessione di FAMILYCINEMATV.

Valori/disvalori: Nanni Moretti ritrae la Chiesa, non gli è ostile, ma di questo mondo non capisce nulla. Non ne ha la minima conoscenza, sensibilità, comprensione. L’ultimo successore di Pietro di Habemus Papam, è privo della dimensione religiosa.

Pubblico: Tutti.

Giudizio tecnico: *** Nanni Moretti scherza, cava dal cilindro una battuta dietro l’altra. Come commedia è irresistibile ma la macroscopica debolezza del film consiste proprio nell'aver ritratto un mondo che l'autore non ha cercato di conoscere.

World Invasion: Battle Los Angeles

23/4/2011. Regista: Jonathan Liebesman. Sceneggiatura: Christopher Bertolini. Interpreti: Aaron Eckhart, Michelle Rodríguez, Bridget Moynahan, Ramon Rodriguez, Michael Peña, Cory Hardrict. 118 min. USA. 2011. Giovani. (V)

Il mondo è in guerra con gli alieni. Il sergente Nantz, un veterano con un passato oscuro, è assegnato a una sezione di marines che deve evacuare i civili da Santa Monica, e quel piccolo gruppo sarà fondamentale per lo sviluppo della guerra. A differenza dell'approccio generale di Independence Day, World Invasion: Battle Los Angeles si concentra sui dettagli. La storia è vista attraverso gli occhi del sergente Nantz. Aaron Eckhart è il perfetto sergente di ferro, un ruolo che sembra disegnato per lui, ed è lui che in gran parte sostiene il film.



Non c’è una visione di insieme né spettacolari scontri di truppe o navi; abbiamo grida, combattimenti casa per casa. Los Angeles è un campo di battaglia eccellente, confuso. Ció facilita il lavoro del montatore, che non deve preoccuparsi della coerenza della storia: bastano il rumore e il movimento. L'azione e la tensione sono dosati in modo corretto. Non c’è epica altisonante, ma molta azione classica. Si tratta di un film di fantascienza in cui si confrontano fanterie invece di navi e anche se lo spettacolo non è quello che ci si aspetta, non è male. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V (ACEPRENSA)

Rio 3D

23/4/2011. Regista: Carlos Saldanha. Sceneggiatura: Don Rhymer. Con Will i Am, Rodrigo Santoro, George Lopez, Jamie Foxx, Victoria Cabello, Fabio De Luigi, Pino Insegno, Mario Biondi, Josè Altafini, Emilio Carelli, Francesco Castelnuovo. Animazione. 96 min. USA, Canada, Brasile. 2011. Tutti.

Blu è un uccello speciale, è l'ultimo ara blu ed è stato allevato in Minnesota. Sa leggere, ma non vola, perché è stato rubato in Brasile il giorno in cui doveva imparare. Ha vissuto sempre con Linda, una bella libraia che lo trovò per strada quando era bambina. L'azione inizia quando un ornitologo brasiliano si presenta in libreria e propone portare Blu a Rio de Janeiro per incontrare Pearl, la ultima femmina della sua specie, e così impedire l'estinzione dell’ara blu.



Saldanha dimostra ancora una volta la sua maestria nel raccontare storie animate con grazia e arguzia. Lavora con un team tecnico che non ha nulla da invidiare ai migliori: la rifinitura di ogni fotogramma, la qualità delle animazioni, i personaggi, tutto ha un livello molto alto. E lo sceneggiatore Don Rhymer è arguto e ha saputo imbastire la linea principale, la storia d'amore tra l’uccello da campo e quello di città, con multipli trame collaterali e abbastanza divertenti, tutto con il carnevale come sfondo.

La fotografia e il buon uso della tecnologia 3D consente di esaltare la bellezza di Rio in un divertente filmato, familiare e colorista. Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, la cosa meno brillante è la musica. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Tutti. Contenuti: --- (ACEPRENSA)

Poetry

23/4/2011. Regista: Lee Chang-dong. Sceneggiatura: Lee Chang-dong. Interpreti: Yoon Jeong-hee, Ahn Nae-sang, Kim Hira, Lee Da-wit, Kim Yong-taek. 139 min. Corea del sud. 2010. Adulti. (X)

Mija, 65 anni, è in pensione ma ha ancora uno spirito giovane e grintoso, è elegante e di bell'aspetto. Mija vive con suo nipote, un ragazzo egoista e viziato, per il quale la nonna è la signora che prepara il cibo e paga i suoi capricci. Mija arrotonda lo stipendio curando un anziano emiplegico e scontroso.




Quando il film inizia vediamo il bellissimo fiume Han, che attraversa la città, e il cadavere di una giovane studentessa che galleggia, e Mija in un ospedale, preoccupata per le sue perdite di memoria. Poi vediamo Mija discutere con il nipote, curare l’anziano malato e scriversi in un corso di poesia nel centro culturale.
Il corso di poesia richiede lo sviluppo di un poema, e nelle lezioni Mija imparare a vedere e sentire. Mija scoprirà di più sul mondo che la circonda, della sua bellezza e le sue miserie. A poco a poco prende forma il poema che le è stato chiesto, che finirà con il film.

Lee Chang-dong ha sviluppato un poema visivo straordinario di due ore, bello e doloroso alla volta. Il film, formalmente bellissimo, è pieno di metafore visive che insegnano ad apprezzare ciò che vediamo intorno a noi, e mettono in parallelo la miseria fisica e la miseria morale; lo spettatore deve decidere quale sia la peggiore. Da tutto questo sorge una bella poesia che, purtroppo, è intinta di nichilismo e lascia l'anima in pena, perché c'è bellezza sì, ma non speranza. Poetry ha ricevuto giustamente il premio alla miglior sceneggiatura a Cannes. L'interpretazione di Yoon Jeong-hee è un altro poema. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: X (ACEPRENSA)

Limitless

23/4/2011. Regista: Neil Burger. Sceneggiatura: Leslie Dixon. Interpreti: Bradley Cooper, Abbie Cornish, Robert De Niro. 105 min. USA. 2011. Adulti. (XD



Il regista di The Illusionist adatta un romanzo su un uomo disastroso, scrittore fallito, che l'assunzione di un farmaco fa diventare un genio, poliglotta, combattente invincibile, analista, conquistatore, ecc, ecc. I tentativi di produrre una favola di fantascienza mescolata con un thriller non funzionano, neanche con la presenza di un Robert De Niro di basso, bassissimo profilo. Quando ha debuttato negli Stati Uniti ha avuto il primato nel box office, il che indica che questo tipo di argomento seduce il pubblico giovanile. La realizzazione è povera e la trama è veramente noiosa. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: X, D (ACEPRENSA)

The next three days

9/4/2011. Regista: Paul Haggis. Sceneggiatura: Paul Haggis. Interpreti: Russell Crowe, Liam Neeson, Olivia Wilde, Elizabeth Banks, RZA. 122 min. USA. 2010. Giovani. (VX)

Una famiglia normale finisce in una storia da incubo. Josh, professore universitario sposato con Lara, da cui ha avuto un figlio, Luca, è andato a cena fuori. Tornando a casa, la polizia irrompe improvvisamente e porta via Lara in stato di arresto, sotto l'accusa di omicidio. Ne seguirà la condanna, poiché tutte le prove indicano che lei ha ucciso una donna in un parcheggio. Il tempo passa, gli appelli risultano inutili. Josh è così disperato, che comincia ad elaborare un piano di fuga per Lara.



Paul Haggis (Crash, Nella valle di Elah) scrive e dirige un dinamico remake, in stile Hitchcock, del recente film francese Pour elle. L’angosciante thriller è raccontato dal punto di vista di Josh, ragazzo normale, non particolarmente dotato, il quale -convinto dell'innocenza della moglie- intraprende ogni tipo di azione rischiosa pur di ridarle la libertà. La motivazione di fondo, naturalmente, è l'amore. Egli non dubita della moglie, mentre lo spettatore ha certamente qualche difficoltà in più, dati gli indizi.

Haggis prolunga troppo la trama relativa al piano dettagliato di fuga, ma lo fa per dar credibilità a ciò che racconta: si tratta di indicare -allo spettatore- gli ostacoli che deve affrontare Josh, ben interpretato da Russell Crowe. È possibile che in questa "ossessione" eccessiva per chiarire a fondo ogni particolare, il regista si riferiva a Giustizia privata, film dell’anno scorso: simile, per la tematica, ma meno credibile. Così, quando si arriva all'ultimo terzo del film, la fuga pura e semplice, si finisce per accettare i trucchi e le sorprese destinate a depistare gli inseguitori. José María Aresté. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V, X (ACEPRENSA)

In un mondo migliore

9/4/2011. Regista: Susanne Bier. Sceneggiatura: Anders Thomas Jensen. Interpreti: Mikael Persbrandt, Trine Dyrholm, Ulrich Thomsen, Markus Rygaard, William Jøhnk Nielsen. 113 min. Dinamarca, Svezia. 2010. Giovani-adulti. (VSD)

Sponsorizzata da Lars Von Trier e la sua Zentropa Films, produttrice dei suoi cinque film, la regista danese Susanne Bier è diventata una delle voci più potenti e profonde del cinema contemporaneo. Ha esordito con due film notevoli: Open Hearts (2002) e Non desiderare la donna d’altri (2004), oggetto di recente remake, diretto da Jim Sheridan. La Bier ha consolidato poi la propria fama con due capolavori: Dopo il matrimonio (2006), nomination -per l'Oscar 2006- al miglior film straniero, e Noi due sconosciuti (2007), primo lavoro in America (prodotto da Sam Mendes). In tutti i film, la regista danese affronta -con forza inusuale e profondità- argomenti di ampio respiro, quali: l'unità della famiglia, il senso della sofferenza, il valore della carità, la sfida della libertà, la lotta della ragione per dominare gli istinti, l'aiuto della Provvidenza ...



In un mondo migliore, Oscar 2011 al miglior film straniero, approfondisce ulteriormente questi temi, nell'affrontare le radici della violenza presente oggi nel mondo, nonché la crescente difficoltà di far prevalere una cultura di pace e di amore. Anton è un medico, che divide il proprio tempo tra una città idilliaca danese e un campo profughi miserabili in Africa. Anton e la moglie Marianne hanno due figli, vivono separati da un po’ di tempo e stanno prendendo in considerazione il divorzio, anche se a nessuno dei due piace l'idea. Il figlio maggiore, Elias, un gentile bambino di dieci anni, soffre di continue vessazioni da parte di certi crudeli compagni di classe. Finché un giorno, un nuovo studente, Christian, lo difende con la forza.

Come in tutti i film di Bier, anche In un mondo migliore ci si muove sempre sul filo del rasoio, rischiando di cadere o nell'esagerazione melodrammatica o nel ridicolo. Ma, alla fine, gli sforzi dell'aggressivo coetaneo Christian e del pacifico adulto Anton, per controllare gli istinti e uscire dall'inferno della propria fragilità, riempiono il filmato di un'umanità straordinaria e toccante. Raggiungono inoltre la fibra interiore -ma in misura minore- della perplessità morale del padre di Christian, incapace di capirlo e aiutarlo, e di Marianne, il cui incrollabile amor proprio si mette di traverso con il marito, sulla via della riconciliazione. La soluzione arriva dall’innocente e indifeso Elias, la cui bontà finisce per conquistare il cuore di tutti i personaggi.

Bier articola tali idee con profondità, attraverso una messa in scena piuttosto iperrealista, ma ben strutturata e addolcita da un sapiente uso simbolico dei diversi ambienti dove scorre l'azione: gelido, per i nordici; straordinariamente vivace presso gli africani. Ed in ogni caso, la realizzazione del film stesso si pone al servizio di attori sensazionali, sia bambini che adulti, capaci di offrire ai rispettivi personaggi una verità e un'emotività struggente. Jerónimo José Martín. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani-adulti. Contenuti: V, S, D (ACEPRENSA)

Gnomeo&Giulietta

9/4/2011. Regista: Kelly Asbury. Sceneggiatura: Andy Riley, Kevin Cecil, Mark Burton, Kathy Greenberg, Steve Hamilton, Shaw e Kelly Asbury, Rob Sprackling, John Smith. Colonna Sonora: Chris Bacon, James Newton Howard, Elton John. Animazione. 86 min. GB, USA. 2011. Tutti.

A Stratford-upon-Avon -dove se no?- una proprietà, con casa e giardino, è stata divisa in due ed è occupata da due famiglie che non vanno molto d'accordo tra loro. Da un lato, l'arredamento e i nani del giardino sono blu, dall'altro rossi. E gli gnomi, che si animano solo quando gli esseri umani non stanno a guardare, mantengono viva la rivalità, disputandosi il territorio e gli utensili. Naturalmente, Gnomeo, leader dei blu, conoscerà e s’innamorerà di Giulietta, figlia del leader dei rossi, in un amore chiaramente impossibile...



Romeo e Giulietta di Shakespeare può servire a diversi usi: di solito, tutti ricordano West Side Story o la versione interpretata da Di Caprio. Questa volta la vicenda si propone come storia di fantasia per bambini, in formato digitale. L'adattamento, piuttosto divertente, lo si deve alla mano di Kelly Asbury, già dietro a Shrek 2, che ha fatto un buon film d'animazione, senza voler misurarsi con i colossi della Pixar e della Disney. Personaggi molto divertenti, ritmo serrato, una colonna sonora di ottimo livello e molte, molte battute che divertono tutti. Soprattutto quanti conoscono e amano Shakespeare. Divertente, senza pretese. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Tutti. Contenuti: --- (ACEPRENSA)

Kick-Ass

9/4/2011. Regista: Matthew Vaughn. Sceneggiatura: Jane Goldman, Matthew Vaughn. Interpreti: Aaron Johnson, Garrett M. Brown, Clark Duke, Evan Peters, Deborah Twiss. 117 min. GB, USA. 2010. Adulti. (VXD)

Matthew Vaughn (Londra, 1971), al suo terzo film, torna al tono crudo e decisamente violento dell'esordio: The Pusher. Vaughn, che ha cominciato da produttore dei film di Guy Ritchie, come Lock & Stock e Snatch: lo strappo, adatta un fumetto scritto da Mark Millar e John Romita Jr., due autori capaci di imbrattare l'universo Marvel con un assortimento di sesso, violenza e dialoghi da bassofondo.



Ciò che può sembrare, inizialmente, una chiassosa e oscena critica al genere di film dedicato ai super-eroi, cui è sensibile il cinema attuale, è un'ulteriore prova di depravazione. La protagonista è una ragazza di 11 anni che uccide la gente e vomita scurrilità, tirata su da un padre a sua volta tarato. Una macedonia di carenza di intelligenza, un film per adolescenti pervertiti, che include il peggio dei film di Tarantino e dei fumetti deliranti di cultura underground. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: V, X, D (ACEPRENSA)

I ragazzi stanno bene

9/4/2011. Regista: Lisa Cholodenko . Sceneggiatura: Lisa Cholodenko, Stuart Blumberg. Interpreti: Annette Bening, Julianne Moore, Mia Wasikowska, Mark Ruffalo, Josh Hutcherson.104 min. USA. 2010. Adulti. (XD)

Ci sono momenti in cui non riesco a giudicare credibile quello che stanno cercando di raccontarmi. Come puntualmente mi è accaduto con I ragazzi stanno bene: un film impresentabile, a prescindere dal fatto che non si distingua per qualcosa di speciale, né per il montaggio, né per la colonna sonora o per il ritmo. Ha due grandi attrici, sì, ma anche loro incapaci di reggere un film che non si allontana molto da uno spettacolo di tv-movie di una certa consistenza. Ed anche se sono due grandi interpreti, non riescono a far credere di costituire una stabile e felice matrimonio lesbico. Né la loro radicalità e mancanza di inibizione nel trattamento del sesso, né il buonismo del donatore di seme (per la fecondazione), e la sua rapida integrazione in famiglia, con accettazione immediata da parte dei figli adolescenti, favoriscono l'idea che questo sia un modello di famiglia normale: è così essemplare, da risultare semplicemente irreale.

Ma il grado di incredulità infrange ogni limite, quando un impossibile affare di donne, si conclude con un discorso che inneggia alla fedeltà coniugale: siamo tutte brave persone e qui non è successo niente di sconveniente. Perfino se, invece di una coppia di lesbiche, gli interpreti fossero un uomo e una donna, risulterebbe una storia ancora zeppa di luoghi comuni.

Leggo che la californiana Linda Cholodenko, che ha diretto il film, è lesbica e madre, per inseminazione artificiale. Da cui deduco la finalità didattica della sua comunicazione cinematografica e l'impegno ideologico di gran parte dei dialoghi. In realtà, ho capito quasi tutto, tranne una cosa: la nomination agli Oscar. Ana Sánchez de la Nieta. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: X, D (ACEPRENSA)