Rapunzel. L'intreccio della torre

22/1/2011. Regista: Nathan Greno, Byron Howard. Sceneggiatura: Dan Fogelman. Animazione. 92 min. USA. 2010. Tutti.

Nel campo dell'animazione digitale, con alcune eccezioni -come l'umorismo sfoggiato nel film L’era glaciale-, il modello stabilito dalla Pixar restava quello contrassegnato dai suoi sognanti personaggi contemporanei, dalle curatissime sceneggiature progettate per bambini e adulti, con elementi parodistici e numerose allusioni ad altri film, ecc. E in questa linea si collocava ancora Bolt, l’eccellente film di Disney, realizzato quando John Lasseter aveva preso il controllo dell'ambito creativo della compagnia di Topolino. Il co-direttore di quel film, Byron Howard, e uno degli animatori, Nathan Greno, sono ora i responsabili dell'ultima realizzazione: Rapunzel. L’intreccio della torre, un film che prende invece una strada completamente diversa, perché ripropone gli schemi dei classici di casa Disney, sfruttando le possibilità aperte dall'animazione digitale.



Flynn Ryder, un briccone, è ricercato dalla legge per aver rubato una corona. Finisce per rifugiarsi nella torre in cui vive Rapunzel, giovane principessa dalla lunga chioma, rapita ancora in fasce dalla vecchia Gothel, perché i suoi capelli hanno poteri magici e le restituiscono la giovinezza. Rapunzel ignora la propria origine e pensa che Gothel sia sua madre. Una madre, però, che non le permette di lasciare la torre. Questo acuisce il desiderio della ragazza di vedere il mondo esterno, così chiede al nuovo arrivato, Ryder, di accompagnarla nella grande città, per assistere da vicino al lancio di palloncini aerostatici che ogni anno appaiono in cielo, stranamente in occasione del suo compleanno.

Come i grandi successi di Walt Disney Biancaneve e i Sette Nani, Cenerentola, La Bella Addormentata o La Sirenetta, questo è un racconto romantico di principesse, sulla falsariga di un classico racconto, in questo caso dei fratelli Grimm, con canzoni sullo stile dei musical di Londra o New York, personaggi secondari molto divertenti, ed altro ancora.

La decisione di seguire questa strada è risultata abbastanza incoraggiante, tanto è vero che gli ispirati creatori, tra cui il leggendario compositore Alan Menken, sono riusciti a realizzare il successo più rilevante, dai tempi di La Bella e la Bestia e di Re Leone. L'animazione è di prim'ordine, tanto fantasiosa, come tecnicamente brillante. Richiamano l'attenzione alcuni dettagli, come i capelli di Rapunzel, che riescono a rendere i servizi più impensati. La storia è ricca di ritmo e di colpi di scena.

Il pezzo forte è dato da una sceneggiatura molto curata, che a volte ricorda alcune classiche rappresentazioni di simpatiche canaglie finite per entrare nella vita di una principessa (Vacanze romane) o di un'ereditiera (Accadde una notte). È soprattutto l'iniziazione alla vita della protagonista, entusiasta di esplorare il mondo esterno e di scoprire l'amore. Vengono fuori anche molte questioni lasciate in seconda linea, come la necessità di perseguire i nostri sogni, il sacrificio per l'amato, e altre ancora. Ivi inclusa, la critica all'ossessione per la bellezza di un'eterna gioventù, personificata in Gothel, creatura malvagia, pronta a tutto pur di rimanere per sempre giovane, così che sembra ispirarsi a Cher e alle sue famose operazioni di chirurgia estetica.

La vita della protagonista, un'idealista piuttosto ingenua ma non certo stupida, si evolve durante il film, risultando davvero ben realizzata, mentre Flynn Ryder, ladruncolo trasformato in eroe -con il suo tocco un po' “canagliesco”-, permette di assumere che il suo nome faccia riferimento all’attore Errol Flynn. È anche descritto con grande realismo il personaggio di Gothel che, dal punto di vista di Rapunzel, è una madre amorevole, ma iper-protettiva. Sono anche notevoli i ruoli secondari, tra cui quello di un cavallo che rivela un grande senso della giustizia, un camaleonte che cambia colore, e un folto gruppo di tipi duri, da taverna.

L'intensità drammatica va crescendo fino ad un intenso finale, che evoca le grande storie romantiche, soprattutto (anche se solo per certi versi) Romeo e Giulietta di William Shakespeare. Per una volta, il fatto che il film sia in 3D ottiene un grande risultato, nel momento più romantico, quando sentiamo il Duetto della colonna sonora, alla luce di un lampione che aiuta a rafforzare l'emozione di un istante davvero magico. Decine21

Pubblico: Tutti. Contenuti: Azione 2, Amore 3, Lacrime 2, Risate 1, Sesso 0, Violenza 0 [da 0 a 4] (Decine21)

Il discorso del re

22/1/2011. Regista: Tom Hooper. Sceneggiatura: David Seidler. Interpreti: Colin Firth, Geoffrey Rush, Helena Bonham Carter, Guy Pearce, Timothy Spall. 118 min. Gran Bretagna, Australia. 2010. Giovani. Uscita: 28 gennaio.

Dopo la morte del padre, re Giorgio V, e dopo la scandalosa abdicazione del fratello, Edoardo VII, sale al trono Giorgio VI. Alla vigilia di una nuova guerra mondiale, il re dovrà governare pur essendo afflitto da una balbuzie angosciante, che si trascina dall'infanzia, impedendogli di parlare in pubblico.



Nel precedente film, il notevole The Damned Unitedd, il britannico Tom Hooper ha dimostrato di saper esaltare le relazioni di amicizia, così che -da un semplice aneddoto- riesce a costruire un buon film che -già vincitore del Toronto Film Festival- resta ora uno dei favoriti agli Oscar. Tuttavia l'inizio sembra poco promettente, dal momento che prende spunto dal prosaico rapporto tra un balbuziente ed il proprio logopedista. Che il balbuziente sia poi un re e il logopedista un professionista molto determinato a utilizzare metodi poco ortodossi, aggiunge qualche interesse... che sembrerebbe però insufficiente a far decollare il film. Tuttavia, Hooper riesce a costruirvi poi una commovente storia di amicizia, nonché un'interessante riflessione sulla responsabilità morale dei governanti. È difficile incasellare in un determinato genere, questo film potente, che inizia quasi come melodramma, quasi intimista, per poi trasformarsi in un'opera capace di riassumere il meglio del film storico e politico.

La sceneggiatura, impeccabile, dimostra un profondo lavoro di ricostruzione storica e di ricerca: sociologica, filosofica, etica e religiosa. Il cast abbonda di talento, ma Colin Firth ci mette qualcosa in più, del semplice talento. Ci vuole infatti un grande attore, per affrontare con successo il difficile compito di trasformare un balbuziente in eroe. Era molto facile scadere o in un fatalismo ieratico -se il re non avesse dato importanza al suo difetto- o nell’istrionismo esasperato -se davvero ne era angosciato-, come appare dal film.

È difficile mantenere l'equilibrio e costruire non solo un monarca convincente, ma un solido leader politico, per di più in tempi di crisi. In sintesi, la meta ambita da Firth in questo film è estremamente ardua, quasi impossibile da raggiungere... Eppure il regista vi riesce; e non solo, ma anche in modo eccellente. Ana Sánchez de la Nieta. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: ---- (ACEPRENSA)

La versione di Barney

22/1/2011. Regista: Richard J. Lewis. Sceneggiatura: Michael Konyves, dal romanzo di Mordechai Richler. Interpreti: Paul Giamatti, Rosamund Pike, Rachelle Lefevre, Dustin Hoffman, Minnie Driver, Scott Speedman, Bruce Greenwood,Saul Rubinek, Jake Hoffman. 132 min. Canada, Italia. 2010. Adulti.

Il film ci presenta la vita di Barney Panofsky, produttore televisivo ebreo, figlio di un poliziotto sboccato, che vive a Montreal. Divorziato dall'amore della sua vita, Miriam, cosa che gli produce enorme amarezza, nonché padre di due figli, ricorda come sia arrivato alla sua crisi. Così lo vediamo nella sua scapestrata giovinezza, a Roma, dove conducendo una vita bohemienne, finisce per sposare colei che pensa sia la madre di suo figlio, una donna instabile e poi suicida. Tornato a Montreal, e introdotto nel mondo della televisione, incontra una donna ebrea di buona famiglia, con il quale si risposa. Ma alle nozze subisce un istantaneo colpo di fulmine per Miriam, presente tra gli ospiti, e da quel momento non recede dalla volontà di farla diventare sua moglie, con eccessive attenzioni, come quella di inviarle ogni giorni fiori nell'ufficio di New York, dove lei lavora.



Il regista televisivo Richard J. Lewis ha intrapreso il suo primo lungometraggio, adattando un romanzo di Mordecai Richler, che segue l'itinerario esistenziale di un personaggio, il Barney del titolo: tipo non proprio esemplare, ma almeno con una certezza nella vita: l'amore per la terza moglie, Miriam, che aspira a conservare per sempre. Paul Giamatti impersona, con collaudato talento, il produttore televisivo di una serie mediocre e piccante, egoista e geloso, sinceramente innamorato, ma in grado di rovinare -con i propri difetti- le cose più belle. Alla sua potente interpretazione fanno corona una serie di personaggi secondari, tra cui Dustin Hoffman e suo figlio Jake.

Il film, agrodolce, la cui narrazione scorre bene nonostante la lunghezza, ha il pregio di non pretendere di esaltare il protagonista, ma di limitarsi a tratteggiarne senza fronzoli l'ascesa, con alcune sbandate che includono il suicidio e l’infedeltà, nel capitolo più negativo, ma anche gli insulti e le espressioni offensive, o la mancanza di rispetto. Tuttavia nelle DNA di Barney c’è l’amore, oltre alla terza moglie, al proprio genitore e ai figli, agli amici, e anche all'attrice voluttuosa che apparentemente disprezzava. Ciò non impedisce peraltro al protagonista di recar loro del male, con la propria arroganza ed orgoglio. Decine21.

Pubblico: Adulti. Contenuti: Azione 0, Amore 3, Lacrime 2, Risate 1, Sesso 2, Violenza 0 [da 0 a 4] (Decine21)

Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni

22/1/2011. Regista: Woody Allen. Sceneggiatura: Woody Allen. Interpreti: Josh Brolin, Naomi Watts, Anthony Hopkins, Gemma Jones, Freida Pinto, Antonio Banderas. 98 min. USA. 2010. Adulti. (XD)

Alfie -pensionato quasi settantenne- lascia Helena, la moglie, per Charmaine, prostituta di cattivo gusto, dai capelli tinti. Helena supera il suo dolore andando da una indovina e flirtando con un vedovo. Nel frattempo, la figlia Sally sta pensando se lasciare il marito, Roy, per andarsene con il capo del suo ufficio. Da parte sua, Roy, scrittore mediocre, che è riuscito a pubblicare un solo romanzo, si è innamorato follemente dall'esotica vicina, che spia alla finestra.



Sì, è sempre Woody Allen. Un Allen lontano anni luce dall'originalità di Io e Annie, da Hannah e le sue sorelle, dalla scintilla di Misterioso omicidio a Manhattan, per non dire della riflessione morale di Match Point. Un Allen che continua a parlare, al solito, di amore, sesso, morte e religione. I suoi temi ricorrenti.

Il cinismo di Woody Allen, cresciuto negli anni, è diventato ora denso nichilismo e, a questo punto, il regista americano ha ben poco da dire: “Tra cent’anni non ci saremo, ci sarà una generazione diversa, e tutte le nostre aspirazioni non avranno alcun significato. È tutto chiacchiera e furia; infine, tutto ciò non significa nulla”.

Con un approccio così pessimista, Allen ammette ormai di filmare storie “per distrarmi dai miei pensieri morbosi”. E il film non fa eccezione. è una distrazione di Allen, che ogni volta filma in modo più scombinato, con un mestiere sempre più affinato, con quel copione irregolare che alterna la risposta arguta al taglia-e-incolla da altri film. Resta un magnifico e vario cast di attori, che funziona molto bene, diluendo la noia di vedere un tipico film minore di Woody Allen. Ana Sánchez de la Nieta. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: X, D (ACEPRENSA)