Gli uomini di Dio

20/11/2010. Regista: Xavier Beauvois. Sceneggiatura: Etienne Comar, Xavier Beauvois. Interpreti: Lambert Wilson, Michael Lonsdale, Olivier Rabourdin, Philippe Laudenbach, Jacques Herlin, Loic Pichon. 120 min. Francia. 2010. Giovani.

Nel 1938 viene completata l'erezione del monastero cistercense di Notre-Dame de l'Atlas a Tibhirine nella regione Medea, in Algeria. Da allora i monaci del monastero hanno vissuto pacificamente con la popolazione del villaggio vicino, costituito interamente dai mussulmani, fino al 1996. In quell'anno gli otto monaci che sono presenti nel monastero continuano a vivere in povertà ed in preghiera, al servizio della popolazione ma Ia notizia dell'uccisione di alcuni lavoratori stranieri che operano nella zona da parte di un gruppo di fondamentalisti islamici dà ai monaci la precisa sensazione che la loro vita è in pericolo. Christian, il superiore del monastero propone agli altri monaci di non partire...



È un vero piacere vedere film come questo. Non è tanto interessante il racconto dei fatti realmente accaduti nel 1996 a cui si ispira il film, noti ai più, ma ciò che affascina è il modo con cui il regista è riuscito a scavare nell'intimo di animi nobili come quelli degli otto frati di Tibhirine, uomini semplici abituati a vivere con semplicità, impegnati di colpo a trovare, o meglio a ritrovare il senso più profondo della loro esistenza e, con tutti i timori e le paure di qualsiasi essere umano in simili circostanze, costretti a fronteggiare l'ipotesi concreta del martirio.

Il film inizia con il racconto di come trascorre una giornata ordinaria di questi monaci: all'interno della loro comunità, fatta di momenti di preghiera e di lavoro nei loro campi ma anche quella passata al servizio degli abitanti del paese limitrofo : visite mediche (padre Luc è un dottore), aiuto a chi non sa leggere e scrivere ma anche vendita al mercato del miele da loro stessi prodotto allestendo una bancarella in mezzo a tante altre. I monaci si incontrano periodicamente con i notabili del paese per discutere temi di interesse comune o per partecipare alle ricorrenze del paese; in queste e in altre occasioni il priore non manca di mostrare la sua profonda conoscenza del Corano ricordando la saggezza che traspare da tante sue pagine.

La seconda parte del film inizia con una tragedia (l'uccisione di alcuni lavoratori croati da parte di terroristi islamici ostili al governo) e appare chiaro che gli otto monaci corrono un pericolo reale. Da questo momento il regista inizia ad approfondire la psicologia, i pensieri, i dubbi degli otto uomini. E' la parte più bella del film, dove ci viene mostrato la profondità e al contempo l' altezza a cui l'animo umano può arrivare. Essi ci appaiono fragili e pieni di timori (il più giovane di loro si sente addosso, la paura fisica che lo attanaglia) ma al contempo cercano continuamente di ritrovare il significato più profondo della loro presenza in quel paese.

Hanno una decisione da prendere e lo fanno da uomini di Dio: pregano nella loro piccola cappella ma spesso meditano all'aperto, a contatto con la natura; si riuniscono per discutere o parlano privatamente con il priore, aprendo senza reticenze il loro cuore. Quando alla fine, pur con motivazioni diverse, tutti concordano con la decisione di restare, ormai hanno vinto, perché la vittoria è dentro di loro.

Molto giustamente il regista narra sbrigativamente la terza fase, quella della loro cattura e prigionia evitandoci qualsiasi dettaglio violento. La vera storia, quella della tempesta nell'animo degli otto frati si era già conclusa in precedenza, celebrata con una strana festa organizzata nel loro refettorio intorno a un bicchiere di vino buono e come sottofondo la musica del Il lago dei cigni di Čajkovskij proveniente da una vecchia radio.
Il film apre la strada a molte discussioni, come ogni film che sa scavare seriamente intorno a dei fatti realmente accaduti. Era giusto restare o sarebbe stato più corretto preservare la propria vita e proseguire l'attività in un'altra zona meno rischiosa? Per dei monaci benedettini è corretto l'atteggiamento di stabilire una presenza pacifica in mezzo a un territorio musulmano senza fare apostolato o deve sempre venir mantenuto l'obiettivo prioritario della diffusione del Vangelo? Sono risposte difficili da dare e in questo si è condizionati dalla rappresentazione dei fatti che ci è stata presentata dall'autore.

Il terrorista Ali Fayattia che uccide gli operai croati ma poi stranamente si dimostra rispettoso dei frati e della loro fede sembra essere stato introdotto dall'autore per indurre lo spettatore ad assumere una posizione baricentrica fra i rivoltosi e i governativi algerini. Xavier Beauvois che si definisce un ateo sembra guardare la fede cristiana e quella musulmana con equidistanza, proprio per sottolineare l'importanza di una convivenza pacifica. La risposta va ricercata probabilmente nelle prime immagini del film, nella perfetta simbiosi fra il monastero e il villaggio. "Il pastore non abbandona il suo gregge nel momento in cui arriva il lupo"-commenta un frate. "Partire è morire" commenta Luc, il frate medico.

Al più giovane di loro, il più timoroso di perder la vita, il priore ricorda che "la tua vita tu l'hai già donata, per seguire Cristo, quando hai deciso di abbandonare tutto" e ancora: "si è martiri per amore. La nostra missione qui è di essere fratelli di tutti. L'amore supera tutto, sopporta tutto". Ecco allora il significato del restare: restare per testimoniare senza tentennamenti che ciò per cui hanno dedicato un'intera vita è ciò per cui sono disposti anche a morire. Nel suo testamento spirituale, letto in voce-off alla fine del film, Christian non dimentica di perdonare chi lo ha ucciso: "..anche per te amico dell'ultimo minuto che non sapevi quello che facevi, anche per te voglio che questo grazie e questo a-Dio comprendano anche te e che ci sia permesso di ritrovarci, "ladroni felici", in paradiso. A Dio piacendo a nostro padre, padre di entrambi. Francesco Olearo. Per gentile concessione di FAMILYCINEMATV.

Valori/disvalori: La fede rende nobili e coraggiosi degli uomini semplici e desiderosi di vivere in pace e in tranquillità con il prossimo.

In visione a partire: pre-adolescenti. Il tema trattato è molto nobile anche se può esser ben compreso a partire dagli adolescenti.

Giudizio tecnico: **** Un film intenso e asciutto, con poca concessione allo spettacolo, tutto giocato sui tormenti interiori e i dubbi (ma anche la fede) dei protagonisti.

Unstoppable-Fuori controllo

20/11/2010. Regista: Tony Scott. Sceneggiatura: Mark Bomback. Interpreti: Kevin Dunn Denzel Washington, Chris Pine, Rosario Dawson, Ethan Suplee.100 min. USA. 2010. Giovani.

Tony Scott ama i treni. A volte sono stati un pretesto di contorno (Una vita al massimo), alte volte, come in Pelham 123-Ostaggi in metropolitana vengono alla ribalta. In questo caso, il treno assurge a protagonista assoluto della storia.



La macchina senza controllo umano che si muove a tutta velocità per distruggere una città ricorda più il film Godzilla che A 30 secondi della fine-Runaway Train, come era più logico attendersi. Sembra incredibile, ma il fatto è veramente accaduto, nel 2001, nei pressi di Toledo (Ohio). A causa di un errore stupido, un treno di 47 vagoni se ne andò da solo, senza macchinista, per 66 miglia, con un carico molto pericoloso. Un macchinista coraggioso balzò dentro il treno in corsa per fermarlo. L'ultimo film di Tony Scott racconta questa storia terrificante con la verve di un film catastrofico.

Questo commento merita una spiegazione: francamente, ci aspettavamo un altro film d'azione, una sorta di Speed, con il treno protagonista. Scott ci offre qualcosa di inatteso. Non è il suo miglior film, ma resta un film serio, con forte impatto visivo, sobrio, senza inutili fronzoli e con tutti gli elementi classici beni inseriti. Per di più, con un generoso budget di 100 milioni di dollari.

Scott mette in scena tutti gli elementi della fattispecie: la minaccia di un disastro imminente, gli sforzi delle autorità ufficiali per fermarlo, i media che si gettano sulla storia, la coppia classica di perdenti -un veterano (Washington) e un giovane (Pine)- che contro ogni previsione riescono a fare l'impossibile. E, sempre contro ogni previsione, Scott sorprende per la concisione, la chiarezza di esposizione ed i progetti creativi, questa volta adeguati e pienamente giustificati: utilizza le immagini dei giornalisti e dei telegiornali, che seguono questo evento che fa notizia, per completare la storia principale.

Neanche l'elemento umano è trascurato: i personaggi sono credibili e la scelta degli attori, riuscita. Denzel Washington aveva già lavorato per Scott (questo è già il quinto film che li coinvolge) e il giovane Chris Pine si mostra all'altezza del veterano collega. I loro drammi personali, senza distrarre dall'azione principale, completano il quadro. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. (ACEPRENSA)

Caccia alla spia

20/11/2010. Regista: Doug Liman. Sceneggiatura: John-Henry Butterworth, Jez Butterworth. Interpreti: Sean Penn, Naomi Watts, Sam Shepard, Bruce McGill, David Andrews. 106 min. USA. 2010. Giovani. (V)

Valerie Plame è un'analista economica, ma in realtà lavora da agente segreto della CIA. Valerie è donna molto apprezzata, intelligente, sicura di sé. È sposata con un diplomatico brillante d’idee liberali, e ha due figli. La vita di Plame sarà sconvolta, quando la sua reale identità verrà resa nota dalla stampa, per motivi interessati da parte di chi si cela nell'incognito.



La pellicola si basa su due libri autobiografici, scritti da entrambi i protagonisti di questa interessantissima storia: Fair Game, di Valerie Plame, e The Politics of Truth, di Joseph Wilson, il marito. In questi libri si ripercorrono gli eventi che li proposero come bersagli di un rozzo complotto, orchestrato da quanti volevano dimostrare che l'Iraq aveva armi di distruzione di massa, ad ogni costo. Il meglio del film è proprio il contenuto dei due libri. Liman (The Bourne Identity) è in possesso di una storia vera, molto efficace, interessante e ben documentata. Inoltre conta su di un paio di eccellenti attori. Con questa materia prima è quasi impossibile fallire un film. La sceneggiatura è ben scritta, il ritmo è buono e l’informazione appare ben dosata.

Da parte sua, Watts e Penn dimostrano di indossare bene i rispettivi ruoli, non troppo complicati. Il problema è che, al di là di questo, poco si può dire di un film in regola, ben eseguito, ma privo di personalità. Anche se questa mancanza di personalità è forse lo scotto che abitualmente deve pagare il cinema politico, dove ciò che conta è la storia. Ed il resto, artificio. Ana Sánchez de la Nieta. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V (ACEPRENSA)

The Social Network

20/11/2010. Regista: David Fincher. Sceneggiatura: Aaron Sorkin. Interpreti: Jesse Eisenberg, Andrew Garfield, Justin Timberlake, Joseph Mazzello, Rooney Mara. 125 m. USA. 2010. Adulti. (XD)

Quando ha debuttato Le vite degli altri, molti critici abbiamo detto che era il miglior film in un decennio. Questo lavoro di Fincher (Seven, Fight Club, Il curioso caso di Benjamin Button) raggiunge quel livello. Almeno per quanto riguarda il cinema americano, è un capolavoro assoluto, sia per l'abilissima direzione di Fincher, che per la sorprendente sceneggiatura dovuta al creatore di West Wing-Tutti gli uomini del presidente, per le interpretazioni di attori molto giovani, nonché per vari altri aspetti della trama del film.



Basato su The Accidental Billionaires, un libro di Ben Mezrich, la storia è la creazione -nel 2004- di Facebook, il social network che conta 500 milioni di utenti in Internet. Il fondatore, Mark Zuckerberg, attualmente ventiseienne, una notte di sette anni fa, mentre studiava a Harvard, con i compagni di stanza, programmatori molto esperti e intuitivi quanto lui, comincia a sviluppare una nuova idea.

Aaron Sorkin ha debuttato come sceneggiatore in A Few Good Men. La sua creazione televisiva, West Wing-Tutti gli uomini del presidente, è la serie più premiata nella storia. Credo che Sorkin sia il miglior scrittore vivente di dialoghi, per la fiction audiovisiva. The Social Network prende spunto da una conversazione al bar, che solo un genio poteva narrare. E continua con una storia avvincente, divertente, drammatica, paurosa, toccante...

Fincher si è messo al servizio di una storia coinvolgente, per niente compiacente, che rivela la grandezza e la miseria di una persona molto intelligente, che ha rivoluzionato la comunicazione interpersonale di una buona fetta di umanità. Al contempo, ha guadagnato una fortuna straordinaria ed ha propiziato modelli di comportamento che stanno esercitando grande impatto, nel bene e nel male, soprattutto sui minori che usano queste reti.

Il ritratto firmato da Fincher e Sorkin di uno di questi geniali personaggi, uscito da un campus della Ivy League, è altamente suggestivo. Hanno raccontato qualcosa di davvero difficile da raccontare. E lo hanno fatto così bene, da sembrare facile. Se i giurati che devono assegnare gli Oscar hanno la testa a posto, dovrebbero attribuirne una dozzina a questo film magistralmente recitato, con un superbo Jesse Eisenberg ed uno straordinario lavoro di Andrew Garfield, che ci ha già stupito con Leoni per agnelli. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: X, D (ACEPRENSA)

Cattivissimo me

20/11/2010. Registi: Chris Renaud, Pierre Coffin. Sceneggiatura: Ken Daurio, Cinco Paul. Colonna sonora: Heitor Pereira, Pharrell Williams. 95 min. USA. 2010. Animazione. Tutti.

Il supercriminale Gru vive nel proprio laboratorio segreto, circondato dai fidi scagnozzi, macchinando cattiverie. Sta nelle ore basse, sta diventando anziano e deve fronteggiare la concorrenza intensa di giovani emergenti. Così ha deciso di realizzare la più grande impresa di tutti i tempi: rubare la luna. E per compiere la missione utilizzerà, senza sapere a quali difficoltà andrà incontro, tre graziose orfanelle.



Il film fa sua l'idea che i cosiddetti “cattivi” potrebbero risultare più interessanti degli eroi. Infatti, Gru è un fac-simile dei classici malvagi avversari contro cui si batte James Bond: mega-progetti, laboratori segreti, scienziati pazzi e migliaia di apparecchiature dalla tecnologia avveniristica. Tuttavia, Gru non vuol dominare il mondo, ma solo essere riconosciuto come il più grande cattivo di tutti i tempi. Il suo laboratorio si trova in un quartiere residenziale, dove collaborano con lui i divertentissimi Minion, una sorta di ibrido di SpongeBob, e Mr. Hump Bonka Lumpa.

Fino a tempi relativamente recenti, i film di animazione non duravano tanto. Ora, la tecnica e le storie sono molto migliorate, e si producono film come Up o Coraline. Rispetto a loro, Cattivissimo me fa un passo indietro, perché la storia centrale viene allungata a base di gag, e si vede. Ad una corretta presentazione segue uno sviluppo meramente formale, che diverte parecchio, ma rimane un semplice diversivo. Il finale manifesta invece forza e qualità.

Di forte impatti visivo, Cattivissimo me è stato concepito per trarre vantaggio dal 3D in modo pratico, e non come mero ritrovato alla moda. Il problema è che gli appositi occhiali fanno perdere troppa luce (provate a rimuovere gli occhiali nella sala!); io preferisco la luce e il colore dello schermo piatto, agli effetti speciali in 3D, se su sfondo più scuro. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Tutti. Contenuti: --- (ACEPRENSA)