Toy story 3. La grande fuga

10/7/2010. Regista: Lee Unkrich. Sceneggiatura: Michael Arndt. Voci originali: Tom Hanks, Tim Allen, Joan Cusack, Ned Beatty, Michael Keaton. 103 min. USA. 2010. Tutti.

Sono già trascorsi 11 anni dal lancio di Toy Story 2, un sequel eccellente, terzo film della Pixar e primo interamente ideato, masterizzato ed esibito in modo digitale. Toy Story, prima produzione della Pixar, risale al 1995, ed è stato il primo lungometraggio animato, generato interamente al computer.



Senza retorica, possiamo ora scrivere che Toy Story 3 è il miglior terzo episodio della storia del cinema, per non dire che è uno dei migliori film d'animazione. Devo però preavvertire che tutti i miei commenti si riferiscono alla versione originale, che ha contato su un cast di sensazionali attori, capaci di realizzare registri di voce indimenticabili. La versione doppiata sarà meno curata, molto meno divertente, se si tiene conto della cura con cui la Pixar si occupa dell’audio delle sue produzioni e del ruolo importante svolto dalla lingua castigliana nel momento topico del film, sorpresa che in gran parte si spiega con la presenza di spagnoli nel team internazionale di animatori della Pixar.

Toy Story 3 è un film molto divertente, toccante, a modo suo profondo e molto serio, con momenti artistici straordinari, moltissima azione, magistrali svolte del copione e uno dei migliori finali mai eseguito dalla Pixar (e c’è ne sono di veramente buoni: basti ricordare Monsters&Co).

L’audacia della Pixar, la sua straordinaria creatività, continua a sorprendere. Se nel film precedente, Up, ci si è avvalsi di Thomas McCarthy (The Visitor) per collaborare al copione, questa volta, lo hanno affidato interamente (l'intera storia) ad uno scrittore senza esperienza in film d'animazione, che vantava inoltre soltanto un film nel suo curriculum. Film, che ha poco da spartire con Toy Story 3, sia da un punto di vista tematico che di trattamento. Michael Ardnt, che ha vinto l'Oscar per la sceneggiatura originale di Little Miss Sunshine, ha fatto un lavoro favoloso, con una trama, i conflitti, i colpi di scena, la scrittura dei dialoghi, un'evoluzione di personaggi e situazioni umoristiche deliranti, che lasciano il pubblico estasiato.

Se aggiungete al copione un'animazione impeccabile, degli sfondi accuratissimi (il disegno dell'asilo nido è un trionfo d'intelligenza), un brillante uso del colore e della luce, la musica molto ispirata di Randy Newman, la precisione del montaggio ed i nuovi personaggi (tra il quali lo straziante orsacchiotto di peluche all'aroma di fragola) progettati dall'abilità dei migliori specialisti, il risultato è semplicemente sbalorditivo. E per finire, un aperitivo, sotto forma di cortometraggio, a dir poco geniale dal punto di vista tecnico.

L'ombra di Lasseter (produttore esecutivo) si staglia sempre più profonda: in altre parole, gran parte del merito è suo. Non è un caso il significativo ed esplicito richiamo di Toy Story 3 ad Hayao Miyazaki, tanto amato e ammirato nella famiglia Pixar e molto presente nel corso dell'intero film, anche in modo esplicito, grazie alla presenza di Totoro, il personaggio preferito del regista giapponese. Il modo di realizzare una trilogia degli autori della storia (Lasseter, Stanton e Docter), portando i giocattoli, protagonisti del film, al cambiamento generazionale che è l'ingresso all’università del padrone -Andy- è molto abile, ma sarebbe impossibile senza l’ispirazione dell'esperienza familiare degli stessi creatori, candidamente ammessa. Si potrebbe dire ancora dell'altro, ma non in modo più chiaro di così: senza l’apprezzamento -il vanto- della famiglia, della paternità e della maternità, che traspare alla Pixar, la lampada da tavolo della "i" di Pixar non sarebbe in grado di illuminare in modo così intenso. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

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