The last station

19/6/2010. Regista: Michael Hoffman. Sceneggiatura: Michael Hoffman. Interpreti: Chistopher Plummer, Helen Mirren, James McAvoy, Paul Giamatti, Kerry Condon. 112 min. Gran Bretagna, Germania, Russia. 2009. Adulti. (X)

Abituato a cambiar genere, l’americano Hoffman (Restoration, Sogno di una notte di mezza estate, Il club degli imperatori) ha adattato il romanzo di Jay Parini sull’ultimo anno di vita di Lev Tolstoj, che nel 1910 era uno scrittore di fama mondiale. Il protagonista si trova nella tenuta di Jasnaja Poljana, dove gioca a essere conte, calzolaio e profeta, predicando un utopismo da nuovo mondo, frutto di varie letture: la Bibbia, Rousseau, Proudhon, Kropotkin e Schopenhauer. Idolatrato da una corte di fan, cui appare il profeta che porterà la salvezza in Russia, Tolstoj vuole pace. Ovvero, vuole tutto rifatto a proprio piacimento: istituire un nuovo sistema educativo, trasformare i contadini in vegetariani, rinunciare al sesso e al matrimonio, ecc. Sua moglie non è disposta a che il marito sperperi il patrimonio della nutrita famiglia (i diritti di autore, in particolare) come pretende di fare il consorte, assistito da Vladimir Chertkov, prono alle sue teorie.



Il film, prodotto in Europa e girato in Germania, offre ottime prestazioni degli attori, una suggestiva messa in scena, un buon design di produzione ed una storia di grande interesse, ma -per Hoffman- la tematica è eccessiva, rispetto alle sue capacità.

Mancano sfumature (moltissime) nel ritratto del rapporto tra Lev e la moglie Sophie, presentata come una ficcanaso isterica, piuttosto che una vittima degli scrupoli e deliri messianici del marito. Lei si è sempre fatta in quattro per lui, mentre Tolstoj spesso la tratta ingiustamente, con atteggiamenti arbitrari di un machismo veramente patetico (che arriva ad esempio, a descrivere le intimità del matrimonio, consentendo di prender atto di tutto ciò che si diceva anche nell'intimità domestica).

C'è anche un ritratto delle eccentricità ed insensatezze filosofiche e politiche di un romanziere colossale, ma spesso vero egocentrico, capace di dire autentiche sciocchezze, con buona intenzione, ma per nulla coerenti con la vita da playboy spendaccione, vissuto per anni; e ovviamente vana, in un paese colpito da tremende ingiustizie come la Russia zarista. Il carattere del giovane segretario Valentin Bulgakov dovrebbe servire da ago della bilancia, ma non è ben definito, così che il film si disperde.

Comunque, chi conosce il lavoro e la vita di Tolstoj (è d'aiuto leggere le memorie di Bulgakov e i ricordi della coppia Tolstoj), vedrà il film con piacere, pur avvertendo che convivere con i geni non è affatto facile (penso al caso di Thomas Mann, trattato in modo decisamente duro, in una mini-serie tedesca). Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: X (ACEPRENSA)

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