State of Play

25/4/2009. Regista: Kevin Macdonald. Sceneggiatura: Matthew Michael Carnahan, Tony Gilroy, Billy Ray. Interpreti: Russell Crowe, Ben Affleck, Rachel McAdams, Robin Wright Penn, Jason Bateman, Jeff Daniels. 132 min. USA, GB. 2009. Giovani. Dal 30 aprile al cinema.

Un deputato dalla carriera promettente (Affleck) si prepara a prender parte al comitato d’inchiesta su un’impresa che ha avuto numerosi contratti collegati ad attività del governo, specialmente nell’area della Difesa. Un inatteso, drammatico avvenimento mette in difficoltà il politico, che chiede aiuto a un buon amico dell’università (Crowe), famoso giornalista di un grande giornale di Washington.



Questo thriller è l’adattamento al grande schermo di una miniserie (6 capitoli di 57 minuti l’uno) della BBC, ritrasmesso con successo nel 2003. Il regista scozzese Kevin Macdonald (L’ultimo re di Scozia) ha potuto contare su tre esperti sceneggiatori, un cast impressionante e una solida messa in scena… ma il film non funziona bene quanto ci si potrebbe aspettare. Il copione di Carnahan (Leoni per agnelli), Gilroy (Duplicity) e Ray (L’inventore di favole) non riesce a ottenere l’intensità necessaria, perché ha problemi di struttura e fluidità narrativa, gli stessi che avevano i tre film appena citati.

State of Play è un film che aveva tutte le carte in regola per stravincere, mentre non va oltre il pareggio, limitandosi ad offrire un ritratto rapido e semplicistico della vita politica e di quella giornalistica. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Mostri contro alieni

25/4/2009. Regista: Conrad Vernon. Sceneggiatura: Maya Forbes, Wallace Wolodarsky, Rob Letterman, Jonathan Aibel, Glenn Berger. Musica: Henry Jackman. Animazione. 94 min. USA. 2009. Tutti.

Susan doveva sposare l’uomo dei suoi sogni, un aitante presentatore televisivo, ma mezz’ora prima delle nozze viene colpita in testa da un meteorite. Susan cresce fino a quindici metri di altezza, e prima che si renda conto di cosa è successo, entrano in azione forze speciali; la portano in una base segreta, le danno il nome di Ginormica e la compagnia di altri mostri: l’Anello mancante, il Professor Scarafaggio, il Bruco di più di cento metri e Bob, gelatinoso e indistruttibile.



Il mondo dell’animazione deve molto a Pixar, che ha realizzato prodotti di grande qualità costringendo la concorrenza a migliorare. Questo film è il primo realizzato integralmente in formato 3D, e Jeffrey Katzenberg, direttore di Dreamworks, ci punta molto. Sono co-registi Rob Letterman (Shark Tale) e Conrad Vernon (Shrek 2). Vero è che, anche se il nuovo formato è stato molto pubblicizzato, il film si vede e si gode perfettamente in due dimensioni.

Mostri contro alieni è un semplice racconto di avventure, molto divertenti e per tutta la famiglia. Il copione si limita ad accumulare situazioni divertenti in un racconto frenetico concepito come un omaggio al cinema di mostri e fantascienza anni Cinquanta (gli adulti riconosceranno personaggi e situazioni di quei film di serie B). Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Tutti. Contenuti: --- (ACEPRENSA)

DragonBall Evolution

25/4/2009. Regista: James Wong. Sceneggiatura: Ben Ramsey; basato nel manga giapponese di Akira Toriyama. Interpreti: Justin Chatwin, Chow Yun Fat, James Marsters, Emmy Rossum, Jamie Chung. 90 min. USA, Hong Kong. 2009. Giovani. (VS)

Justin Chatwin impersona Goku, un giovane timido e solitario che viene allenato dal nonno per un grande destino. Goku vorrebbe essere normale, avere amici a scuola e uscire con le sue coetanee, ma non ha fortuna. Il giorno che compie diciotto anni suo nonno viene ucciso dal famigerato Lord Piccolo, e Goku scopre che le vecchie leggende che gli avevano raccontato erano vere, e che il destino del mondo dipende da lui, anche se non è ancora pronto. A poco a poco riunisce un gruppo di amici che lo accompagneranno nella ricerca delle Sfere del Drago; tra questi, il maestro Mutenroshi, che sarà la sua guida e allenatore in questo pericoloso itinerario.



Non è la prima volta, e non sarà l’ultima, che Hollywood adatta al grande schermo un fumetto (essendo giapponese lo chiamano manga); ma poche volte questo adattamento ha creato tante aspettative. La saga di Dragonball è una delle più popolari nel mondo, viene ristampata con regolarità, e la serie televisiva è stata diffusa in numerose occasioni, si è venduta in video e si continua a vendere in dvd.

Si può essere in disaccordo con questo adattamento, a partire dall’idea di condensare tutto in novanta minuti, fino alla scelta degli attori. Si sarebbe potuto fare di meglio, ma ritengo che sarebbe potuta andare anche molto peggio; forse il maggiore difetto presente è quello di utilizzare molti stereotipi e ricalcare molti altri film d’azione che non hanno niente a che vedere con Dragonball.

Comunque, è una storia divertente e piena di ritmo –tutto succede molto in fretta-; probabilmente, malgrado le critiche, invoglierà a molti a scoprire l’originale (che, tra parentesi, non è poi un gran che). Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V, S (ACEPRENSA)

La vita segreta delle api

25/4/2009. Regista: Gina Prince-Bythewood. Sceneggiatura: Gina Prince-Bythewood, basata nel romanzo di Sue Monk Kidd. Interpreti: Queen Latifah, Dakota Fanning, Jennifer Hudson, Alicia Keys Sophie Okonedo, Paul Bettany. 110 min. USA. 2008. Giovani. (VS-)

Lily è una adolescente, orfana di madre, con un terribile trauma infantile. Un giorno decide fuggire dalla sua casa nella Carolina del Sud per cercare le proprie radici.



La vita segreta delle api è l’adattamento del romanzo omonimo pubblicato nel 2002, che ha venduto più di quattro milioni di copie ed è stato tradotto in 23 lingue. L’autrice è Sue Monk Kidd, un’infermiera anglicana che, fino al momento di scrivere questo romanzo, aveva pubblicato le proprie memorie spirituali e diversi saggi di carattere pseudoteologico. La Kidd è stata educata come evangelica battista, e la lettura di Thomas Merton l’ha portata ad avvicinarsi alla chiesa episcopaliana. Confessa di essere debitrice a scrittori come Henry David Thoreau e Carl Jung.

Il film, come il romanzo, è una miscela variopinta e benintenzionata di argomenti molto diversi: psicologici (il passaggio dell’adolescenza alla maturità), affettivi (la paura al matrimonio o l’importanza della maternità), sociali (i diritti civili della popolazione nera nell’America degli anni Sessanta), e religiosi (il culto alla Madonna). Questa miscela, per poter funzionare, aveva bisogno di un regista sperimentato, e la giovane americana Gina Prince-Bythewood –autrice della sceneggiatura- non lo è. Probabilmente questa è la ragione per la quale, malgrado le sue virtù (un eccellente cast e alcuni messaggi nobili) il film non arriva a essere un prodotto riuscito. Ana Sánchez de la Nieta. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V, S- (Decine21)

The International

4/4/2009. Regista: Tom Tykwer. Sceneggiatura: Eric Singer. Interpreti: Clive Owen, Naomi Watts, Armin Mueller-Stahl, Ulrich Thomsen, Bryan F. O’Byrne. 118 min. USA. Germania, UK. 2009. Giovani.

Un agente dell’Interpol (Clive Owen, consolidato come un grande attore) e una donna pubblico ministero di Manhattan (la sempre efficace Naomi Watts) cercano di portare alla luce i foschi maneggi di potenti multinazionali. Alla fine, emergerà una complessa trama di corruzione, alla quale gli autori non sono disposti a rinunciare, pur di difendere i propri affari. Non esiteranno a ricorrere alla violenza e all’assassinio.



Il tedesco Tykwer ha riscosso grande successo con Lola corre, originale e vigoroso thriller impersonato da Franka Potente. Questa volta ha scelto una storia tradizionale, dal punto di vista narrativo, girata con molta cura nei posti più celebrati di quattro città: New York, Berlino, Milano e Istambul.

Il film si fa seguire con interesse e la sceneggiatura di Eric Singer ha molti aspetti degni di nota, anche se talora si vede che il regista è alle prime armi: c’è un profilo troppo sbrigativo dei due protagonisti, che però risultano anche accessibili ed attraenti, nella loro normalità; è buona l'idea evitare l'immancabile rapporto sentimentale, ma bisognava ovviare con qualche nuova trovata… Positivo anche l’impegno di affrontare questioni molto dibattute nel cinema, da una prospettiva che cerca di essere nuova, anche se le modalità espressive restano quelle classiche. In sintesi, un thriller efficace, dotato di eccellente cast. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Io & Marley

4/4/2009. Regista: David Frankel. Sceneggiatura: Scott Frank, Don Roos. Interpreti: Owen Wilson, Jennifer Aniston, Eric Dane, Alan Arkin, Kathleen Turner. 120 min. USA. 2008. Giovani-adulti. (SD)

John Grogan è il giornalista statunitense che nel 2005 ha pubblicato Marley & Me, una specie di diario retrospettivo sulla vita trascorsa dalla giovane famiglia Grogan con il loro cane, Marley. Il libro è stato un best-seller, e David Frankel (Il diavolo veste Prada), partendo da un copione di Scott Frank (Minority Report, Il mio piccolo genio) e Don Roos (Bounce), lo ha trasposto su grande schermo.



Ci sono due cose che sorprendono in questo film. La prima, che una commedia così drammatica come questa abbia incassato oltre 140 milioni di dollari negli States; la seconda, che a David Frankel, che ha già esibito talento in questo genere (Il diavolo veste Prada è l’adattamento delle memorie di una stagista di Vogue), ne abbia tratto un film così scarso, convenzionale e diseguale. Paradossalmente non c’è niente che strida: la coppia di protagonisti lavora con correttezza e Frankel gira bene, controllando gli interni giornalistici -molto abbelliti-. Ma tutto è cosi prevedibile…

L’impressione è che non ci sia quasi trama. Il film si ancora ad una successione di gag -teoricamente divertenti (e sempre che lo spettatore si diverta con storie di cani)-, diversi dettagli drammatici e alcuni spunti sociologici. David Frankel si guarda bene dal portare la sua critica troppo lontano, una volta che imposta -a volte con lucidità, altre con mancanza di conoscenza e pregiudizio- diverse questioni di grande attualità: dal dilemma lavoro-famiglia, alla mentalità troppo organizzata per risultare utile ai figli alla considerazione eccessiva delle mascotte canine, trattate quasi da persone. Il risultato è sconcertante. Quando poi il film si trasforma in dramma, ecco che deraglia: definitivamente.
Ana Sánchez de la Nieta. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: S, D (ACEPRENSA)

Che - l'argentino

4/4/2009. Regista: Steven Soderbergh. Sceneggiatura: Peter Buchman. Interpreti: Benicio del Toro, Demián Bichir, Santiago Cabrera, Franka Potente. 125 min. Spagna, Francia, USA. 2008. Giovani-adulti. (V)

Il Che è forse l’unico mito rivoluzionario del XX secolo, che ancora resista. I vari Lenin, Mao, Fidel Castro (malgrado Oliver Stone) e tanti altri sono tramontati, o sono stati pudicamente rimossi dall'immaginario collettivo. Ma il Che, probabilmente per le sue disavventure, resta a galla e probabilmente continuerà a farlo. Infine a nessuno importa più chi sia stato o cosa abbia fatto, ma quello che rappresenta ancora: non più il disumano conflitto marxista, ma la lotta per un generoso ideale di giustizia, contro qualsiasi oppressore.



È evidente che la maggioranza dei milioni di acquirenti di poster e magliette con l’effigie del Che li acquistano, pur restando ignari della storia: quello che importa è il mito. “Il Che è una chiara immagine dell’idealismo e della ribellione giovanile, che sono valori eterni e senza tempo”, ha dichiarato il regista.

Soderbergh e Benicio del Toro (produttore e protagonista del film) hanno realizzato una mega-produzione che dura oltre quattro ore, divisa in due parti. La prima, Che-l’argentino, racconta brevemente l’incontro tra Fidel Castro e Ernesto Guevara in Messico, gli anni di lotta armata contro la dittatura di Fulgencio Batista, principalmente nella sierra e nella giungla, fino alla vittoria finale. L’insieme è intercalato da sequenze in bianco e nero di interviste del Che con giornalisti USA e nei suoi interventi all’ONU del 1964.

Il film propone un collage di immagini di differenti testure, formati e colori. Il risultato rivela un certo acume, ma molto parziale appare la presentazione del leader rivoluzionario. Dedicando la quasi totalità dell'opera al lavoro oscuro del Che nella giungla, si esalta l’uomo generoso, amabile, che si prende cura dei suoi, attento ai dettagli, che ha sofferto in prima persona, prima di diventare una leggenda. Le interviste e i discorsi sottolineano l’immagine di un eroe mitico.

Il risultato è un film interessante, che si segue bene, che per alcuni risulterà tedioso, per la sua struttura reiterativa (i guerriglieri fanno la ronda, si accampano, tornano a fare la ronda); ma nell’insieme interessa ed a tratti seduce.

Il principale problema resta il contenuto. Quando si gira un opera storica, si presuppone di raccontare la verità. Ma la sceneggiatura, basata esclusivamente sulle memorie del Che, ne trasmette una visione parziale e senza sfumature. Guevara è uomo integerrimo, idealista, che si dedica -anima e corpo- alla causa, né il successo gli monta la testa. I suoi nemici, tanto Batista come i militari, sono caricature. Gli altri cubani avversari di Batista, sono quasi comparse, in un passaggio di poteri complesso, che fa dubitare del fatto che chi gira il film conosca anche la storia di Cuba. I fatti più sgradevoli della biografia del Che non vengono neanche menzionati. Tutto ciò toglie valore ad un film degno, ma incapace di oltrepassare la mera agiografia: da prendersi con sano scetticismo. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani-adulti. Contenuti: V (ACEPRENSA)

Duplicity

4/4/2009. Regista: Tony Gilroy. Sceneggiatura: Tony Gilroy. Interpreti: Julia Roberts, Clive Owen, Tom Wilkinson, Paul Giamatti, Dan Daily. 125 min. USA. 2009. Giovani. (S) Dal 10 aprile al cinema.

La trama di Duplicity non è nuova. Tony Gilroy (Michael Clayton) gira una commedia romantica, impersonata da due ex spie che sembra tratta da sequenze di altri film: un po’ da tournée-Bourne (scritto dallo stesso Gilroy), un po’ dalla saga Ocean’s (più twelve che mai) e qualche allusione a Mr&Mrs Smith. Tutto un po’ ligth -visto che è un'imitazione- e presentato a colpi di flash-back, spesso inopportuni.



Come film d’azione non convince: non ce n’è. La trama di spionaggio è tanto complicata quanto mal imbastita; se lo si considera commedia romantica, manca un po' di pepe… Ma come divertimento -il vero scopo di Gilroy- funziona eccome. Duplicity diverte, né sembra avere altre pretese. Se Julia Roberts e Clive Owen sono una bella coppia, anche senza raggiungere il top, Giamati e Wilkinson sono capaci di risolvere qualsiasi problema. Ci sono dialoghi geniali e, girata a piazza Navona, viene bene qualsiasi sequenza filmata. Altra cosa è chiedersi però se, con 75 milioni di dollari, le bellissime locations e un quartetto di attori come quello vantato da Duplicity non si potesse fare di meglio che un film divertente. Ana Sánchez de la Nieta. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: S (ACEPRENSA)

Ponyo sulla scogliera

4/4/2009. Regista: Hayao Miyazaki. Sceneggiatura: Hayao Miyazaki. Musica: Jose Hisaishi. Animazione. 100 min. Giappone. 2008. Tutti.

Con questa splendida avventura animata, sull'amicizia tra un pesciolino rosso e un bambino giapponese di 5 anni, il regista di Princess Mononoke ci presenta un capolavoro di estrema originalità, anche se include molti elementi già collaudati in precedenti film, specialmente: My neighbor Totoro.



Anticipare qualcosa della trama sarebbe però imperdonabile, perché priverebbe i lettori di sorprese saggiamente dosate che danno impulso ad un film che procede, anzi nuota, con eleganza e grazia affascinanti. I primi 45 min. raggiungono semplicemente la perfezione, in tono deliziosamente infantile, perché questo è un film dove Miyazaki (68 anni), più di un padre, si presenta come un nonno che affascina gli spettatori più piccoli, e al contempo incanta i propri fans e gli adulti che si avvicinano per la prima volta alla sua opera. Il rapporto madre-figlio qui descritto è molto suggestivo, nella sua modernità. Come abituale, l’uso del colore, il disegno dei personaggi, i fondali, la musica, sono tutti elementi per palati fini. Bisogna sottolineare anche la fotografia di Atsushi Okui, che dimostra come spesso basta appena limitare l’animazione digitale, per riempire di vita un cartone animato.

Joe Hisaishi, collaboratore abituale di Takeshi Kitano e musicista prediletto di Miyazaki, compone una partitura ammaliatrice, idonea ad interpretare il ritmo accelerato dell’infanzia, che s’entusiasma davanti all’avventura con una logica che Miyazaki ritrae alla perfezione. Gli spettatori che temevano di perdersi nell’esuberante mondo mitologico di Miyazaki si ritroveranno -al contrario- in uno dei suoi film più accessibili. Chi conosce l’opera del cineasta riconoscerà facilmente la presenza di tutte le costanti tematiche e stilistiche della sua narrativa, caratterizzata da una sapiente miscela di epica, lirica, eroi, infanzia, sogni, incubi, ingenuità e amore alla natura. John Lasseter e la sua squadra della Pixar-Disney, entusiasti di Miyazaki, devono essere contentissimi di questo capolavoro, pronto ad invadere gli States. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Tutti. Contenuti: --- (ACEPRENSA)