Water Horse - Le leggenda degli abissi

22/3/2008. Regista: Jay Russell. Sceneggiatura: Robert Nelson Jacobs. Interpreti: Alex Ethel, Emily Watson, Ben Chaplin, David Morrissey, Brian Cox. 111 min. USA, GB. 2007. Tutti.

Arriva al cinema l’adattamento di un altro dei romanzi dell’ottantaseienne autore inglese Dick King-Smith, noto per il molto popolare Babe-Maialino coraggioso, portato al cinema con successo da Chris Noonan nel 1995.


Questa volta si tratta di raccontare il rapporto tra un bambino e il celeberrimo mostro di Loch Ness, di cui finalmente sapremo l’origine. La sceneggiatura è firmata dall’autore di Dinosaurs, il film di Disney del 2000. I produttori sono gli stessi di due saghe cinematografiche di enorme successo: Il Signore degli Anelli e Le Cronache di Narnia.

Ecco alcuni dati che servono per inquadrare questo film familiare, ameno, tenero e divertente, girato con grande perfezione tecnica in bellissime località della Nuova Zelanda, il paese di moda nel cinema attuale quando si tratta di raccontare grandi storie di fantasia che si sviluppano in begli scenari naturali.

Il film non è particolarmente originale ma sa giocare bene delle carte che, senza essere gran che, hanno parecchio fascino. Il protagonista è Alex Ethel, stupendo piccolo attore che ci aveva già incantato in Millions. I tecnici degli effetti speciali ottengono un mostro molto simpatico, che vediamo crescere in situazioni molto divertenti che danno spazio a altre situazioni più drammatiche, sullo sfondo della Seconda Guerra Mondiale.

In sintesi, un’altra prova della buona raccolta di cinema familiare che sta realizando Walden Media, la produttrice di titoli come La tela di Carlota, Mr. Magorium e la bottega delle meraviglie, Un ponte per Terabithia, Le Cronache di Narnia. I suoi prossimi film nel 2008 saranno Alla ricerca dell’isola di Nim, Le lettere di Berlicche, e Il Principe Caspian, un altro film della saga Narnia. La strategia di questa impresa cinematografica sembra chiara e potrebbe formularsi così: dato che i sceneggiati originali che riceviamo non ci convincono, adattiamo i romanzi che ci piacciono di più e che hanno già molti lettori, e se cogliamo nel segno, questi andranno a vedere i nostri film. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Tutti. Contenuti: --- (ACEPRENSA)

Prospettive di un delitto

22/3/2008. Regista: Pete Travis. Sceneggiatura: Barry L. Levy. Interpreti: Dennis Quaid, Matthew Fox, Forest Whitaker, Sigourney Weaver, William Hurt. 90 min. USA. 2008. Giovani. (V)

Il presidente degli Stati Uniti viaggia a Salamanca in Spagna, per presiedere uno storico incontro internazionale che può comportare la fine del terrorismo in tutto il mondo. Ma quando inizia il suo discorso nella Plaza Mayor, riceve diversi spari e, poco dopo, esplode tutta la tribuna. Questi fatti terribili, che commuovono il mondo intero, sono riproposti più volte dal punto di vista di otto personaggi implicati nella trama: una regista di televisione, due agenti segreti della scorta del presidente, un giovane poliziotto spagnolo, un turista afroamericano che crede di aver registrato il cecchino con il suo video, un uomo che discute nella piazza con una donna misteriosa, una madre con sua figlia piccola, e lo stesso presidente degli Stati Uniti.



Questo thriller d’azione è divertente, girato con agilità dal inglese Pete Travis (Omagh), ben interpretato da un cast notevole e suggestivo nel dosare l’intrigo attraverso le diverse prospettive dei personaggi, classica risorsa impiegata magistralmente dal giapponese Akira Kurosawa in Rashomon. Comunque, all’insieme manca spessore formale e profondità drammatica, soprattutto perché i conflitti dei personaggi sono troppo semplici e archetipi. Inoltre, Travis risulta poco rigoroso nei cambiamenti dei punti di vista del narratore. Jeronimo José Martin. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V (ACEPRENSA)

10.000 A. C.

22/3/08. Regista: Roland Emmerich. Sceneggiatura: Harold Kloser, Roland Emmerich. Interpreti: Steven Strait, Camilla Belle, Cliff Curtis, Joel Virgel, Ben Badra. 109 min. USA. 2008. Giovani.


La traiettoria del 52enne regista tedesco Roland Emmerich, formatosi alla Scuola di Cinema e TV di Monaco, è segnata da film d’alto budget che richiedono grandi sforzi di produzione al servizio di una spettacolarità che troppo spesso si trasforma in pura megalomania.



A titoli come Stargate, Independence Day, Godzilla e L'alba del giorno dopo, si aggiunge 10.000 A. C. Emmerich firma la sceneggiatura con l’esordiente Harold Kloser, un compositore austriaco di musica per il cinema che –purtroppo- esordisce come sceneggiatore. Un’anziana e cavernosa voce in off ci colloca nelle peripezie di una tribù di cacciatori che soffre molto la fame perchè la caccia scarseggia.

Quello che succede dopo è una scopiazzatura di Apocalypto: un inseguimento con paesaggi da cartolina di agenzia di viaggi, nella neve, nel deserto e nella giungla, in cui un ragazzetto un pò stupido con capelli rasta cerca un’amica molto carina sequestrata da malvagi cacciatori di schiavi.

Emmerich sfodera le sue ben note doti per le trame dense, i conflitti elaborati e i dialoghi sottili. Questa volta, malgrado i 75 milioni di dollari di budget, la messa in scena è elementare e poco fantasiosa, con un uso degli effetti digitali che in parecchi momenti è ridicolo, quasi come un videogioco di serie B. E’ spettacolare la mancanza d’immaginazione di Emmerich in molte sequenze di azione, rutinarie ed elementari nella concezione visiva, e un abuso delle riprese aeree con la pretesa di conferire un tono epico a sequenze quasi comiche.

Il tandem Emmerich-Kloser lavora già a un nuovo film, che ha come titolo 2012, non sappiamo se a.C. o d.C.. In ogni caso, che Dio ce la mandi buona. Accanto a 10.000, Independence Day può sembrare un film notevole e Il patriota un capolavoro. Cose che capitano, nel non sempre entusiasmante mondo del cinema. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. (ACEPRENSA)

Jumper

22/3/2008. Regista: Doug Liman. Sceneggiatura: David S. Goyer, Jim Uhls, Simon Kinberg. Interpreti: Hayden Christensen, Jamie Bell, Samuel L. Jackson, Rachel Bilson, Diane Lane, Michael Rooker. 88 min. USA. 2007. Giovani.

Jumper o saltatore è colui che è nato con il dono di “saltare”, cioè teletrasportarsi a qualsiasi posto, in forza del solo desiderio. A quindici anni e per caso, Davide scopre che ha il dono del saltatore e fugge dalla sua disgraziata vita: sua madre se n’è andata di casa, suo padre è un ubriacone, a scuola viene umiliato. Davide decide utilizzare il suo potere per rubare e darsi alla bella vita. Anni più tardi, diventato giovane adulto, scopre che c’è gente potente che cerca di ucciderlo, e che lui non è l’unico jumper del mondo.




Nel mondo dello sport, per la gioia di tutti, alle volte una squadra modesta riesce ad assestare una battuta d’arresto alla favorita. Nel cinema questo sta succedendo con prodotti come questo, senza che nessuno degli spettatori possa rallegrarsi.

Jumper è un romanzo di successo che offre molteplice possibilità visive e narrative; il film ha attori conosciuti, gli effetti speciali sono buoni e il regista ha fatto The Bourne Identity, un thriller di buon livello. Liman (Mr.&Mrs. Smith) si perde in una storia che non si dovrebbe chiamare di azione, bensì di movimento, senza nessun senso drammatico.

Il film non inizia male. La presentazione del nuovo super eroe con una voce in off è interessante, tanto più quanto questo eroe è un villano egoista che utilizza il suo potere per rubare. Soltanto quando le cose si mettono male inizia a rientrare in se; ma è allora che manca talento agli autori del copione o al regista. Il film si trasforma in una spettacolare e interminabile serie di salti senza senso. Tutto consiste nell’andare in fretta e dimostrare che al protagonista manca cervello, che la fidanzatina di Davide è stupidina, la storia d’amore sciocca e l’antagonista patetico. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: --- (ACEPRENSA)

Il falsario

22/3/2008. Regista: Stefan Ruzowitzky. Sceneggiatura: Stefan Ruzowitzky. Interpreti: Karl Markovics, August Diehl, Devid Striesow, Martin Brambach, August Zirner. 98 min. Austria, Germania. 2007. Adulti. (VX)

Basata su un libro di memorie di uno dei protagonisti –che è vivo e ha più di novanta anni- questa produzione austriaca ha vinto, meritatamente, l’Oscar al miglior film straniero.

La storia è quella di un ebreo russo, Salomon Smolianoff, falsario di professione, fermato a Berlino nel 1936 e internato in un campo di concentramento. I nazisti hanno concepito un’operazione per falsificare moneta degli alleati, e Smolianoff è loro necessario per portarla a termine.

Ruzowizky è un buon regista e lo dimostra con una spettacolare fluidità narrativa. Il film, molto ben pianificato, conta su una colonna sonora eccellente e su un cast che presenta bene una storia triste e disincantata, in un tempo e in un luogo sinistri e brutali.

Certo, le storie di campi di concentramento sono poco affascinanti per un buon conoscitore di cinema, tenendo conto dei molti film, alcuni molto buoni, già ambientati in questi posti. La somiglianza di questo film con Il ponte sul fiume Kwai è palese. Ma Il falsario, tolti alcuni difetti evidenti, risulta originale e suggestivo; anzi, in molti momenti sa essere brillante.

I difetti sono evidenti: è prolisso e insiste su certe situazioni; manca profondità psicologica e sviluppo nel ritratto del protagonista; i contrasti si sarebbero potuti costruire in modo più fine; ci sono due scene di sesso con un eccessivo compiacimento.

Ma ci sono anche molte pregi: il film è potente e d’impatto, fa venire i brividi per la fredda secchezza con la quale affronta un tema terribile; c’è coerenza nel ritratto dei protagonisti senza ricorrere al facile ricorso di falsificare le loro personalità per rendere il film più carino o più emotivo o più positivo; la fotografia, il montaggio, la colonna sonora, la messa in scena e il disegno di produzione sono eccellenti. Il film adopera molto bene una risorsa abusata come il flashback, riuscendo a iniziare e finire con energia.

Un film duro, disincantato, oscuro, come il protagonista. L’eroe convenzionale non c’è assolutamente. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: V, X (ACEPRENSA)

Onora il padre e la madre

22/3/2008. Regista: Sidney Lumet. Sceneggiatura: Kelly Masterson. Interpreti: Philip Seymour Hoffman, Ethan Hawke, Albert Finney, Marisa Tomei, Rosemary Harris. 123 min. USA. 2008. Adulti. (VXD)

Andy e Hank sono due fratelli con problemi economici e affettivi. In questa situazione, il primo propone il secondo di fare un furto nella gioielleria dei genitori. Questi non avranno danni economici perché l’assicurazione coprirà tutto. Logicamente, vogliono che tutto succeda senza violenza. Ma Hank, incaricato di realizzare il colpo, non ha il coraggio di farlo personalmente e ricorre a un terzo, che va alla gioielleria armato.



Il titolo inglese –Before the Devil Knows You’are Dead- è una nota frase che completa, recita così: “mezz’ora in paradiso… prima che il diavolo sappia che sei morto”. E così si raccoglie questo spazio di tempo infernale, dove il paradiso dei problemi superati non si realizza affatto. Il copione, diretto dal veterano Sidney Lumet -83 anni, 50 come regista di film, di cui questo è 44º-, e scritto dall’esordiente Kelly Masterson, presenta la prospettiva senza speranza e fatalista di personaggi chiusi in una trappola per topi.

La struttura narrativa decostruita, con i punti di vista dei diversi personaggi –i due fratelli e il padre- si rivela efficace, anche per la vigorosa realizzazione di Lumet, di fattezze classiche. Risulta di grande impatto la scena dell’assalto. Ma ci sono anche personaggi solidi, con i loro drammi colti con crudezza, perché i personaggi mancano d’appigli ai quali attaccarsi: i fratelli hanno preso le distanze dalle cose che importano –le loro famiglie- per legarsi a vincoli e rapporti distruttivi.

Il film è coerente con la filmografia di Lumet, come Quel pomeriggio di un giorno da cani, e coincide con un revival del cinema degli anni settanta; di questo periodo eredita, oltre certe tematiche e lo scenario urbano (l’amata New York di Lumet), la violenza asciutta, l’intenso drammatismo delle situazioni e certe concessioni grossolane e gratuite al sesso (la scena d’inizio e altre), che sembravano superate nel cinema più recente.Attori molto bravi: Philip Seymour Hoffman, Ethan Hawke e Albert Finney; gli uomini prevalgono sulle donne, anche se Marisa Tomei e Rosemary Harris hanno un paio di scene tutte per loro. José Maria Aresté. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: V, X, D (ACEPRENSA)

Non è un paese per vecchi

1/3/2008. Regista: Joel ed Ethan Coen. Sceneggiatura: Joel ed Ethan Coen. Interpreti: Tommy Lee Jones, Javier Bardem, Josh Brolin, Woody Harrelson, Kelly Macdonald, Garret Dillahunt, Barry Corbin, Stephen Root. 122 min. USA. 2007. Giovani-adulti. (VD) *

Frontiera tra Stati Uniti e Messico. Un’operazione di traffico di droga finisce in un fiume di sangue. Sul posto arriva Lellewyn, che trova una valigetta piena di soldi. La tentazione di impadronirsene è irresistibile. Ma un sadico assassino, Anton, gli sta alle calcagna. Ciononostante, il protagonista affronta il rischio di trattenere con sé il bottino; metterà in salvo sua moglie e sosterrà da solo il peso di chi gli dà la caccia. Al contempo, anche lo sceriffo locale, Ed Tom, cerca di individuarlo.




Straordinario film dei fratelli Joel ed Ethan Coen, forse il migliore della loro carriera, a prova della maturità da loro raggiunta. Non è che prima non abbiano dato saggio di talento, ma guastava quel loro privilegiare una recitazione incline ad un certo bullismo. Nel romanzo adattato di Cormac McCarthy, hanno trovato argomenti ed interpreti con cui identificarsi, traendo anche spunto dall’umanità dei frontalieri: personaggi laconici, abituati alla vita dura. Per di più, riescono ad emanciparsi da quanto di esagerato traspariva nei precedenti film.

Parlare di assassini prossimi alla pazzia (molto bene Javier Bardem, meno Woody Harrelson); e sopravissuti nati (magnifici Josh Broslin e Tommy Lee Jones: il primo, è attratto dal denaro, ma ha un suo codice morale; il secondo, possiede il senso della giustizia, ma è stanco) è parlare dell’universo dei Coen. Inoltre, l’avvicinamento al cosiddetto “sentiero McCarthy” aiuta a rendere credibile la storia. Non solo, per il ruolo dei protagonisti, ma anche grazie a personaggi dell’America profonda, già tali da ispirare i Coen (ad esempio, in Fargo).

Risulta strabiliante il linguaggio filmico. La storia passa da un personaggio all’altro con naturalezza. La tensione del duello tra Lellewyn e Anton viaggia a quote davvero elevate. C’è violenza, dura e contundente se si vuole, ma senza compiacenza. Regge bene la sobrietà dei personaggi. Perfino il ruolo più incline all’istrionismo, quello di Bardem, è mantenuto nel giusto equilibrio. Si intravedono, inoltre, riflessioni su libertà e responsabilità (quella monetina capricciosa di Anton, non lo assolve dalla sua deliberata crudeltà) il desiderio di un focolare tranquillo, di quel giusto ordine ancora da instaurare, nonché l’universale desiderio di incontrare Dio. José Maria Aresté. ACEPRENSA.

* Non è un paese per vecchi ha vinto 4 Oscar: miglior film, miglior reggia, miglior attore non protagonista (Javier Bardem), miglior sceneggiatura non originale.

Pubblico: Giovani-Adulti. Contenuti: V, D (ACEPRENSA)

Sweeney Todd: il diabolico barbiere di Fleet Street

1/3/2008. Regista: Tim Burton. Sceneggiatura: John Logan. Interpreti: Johnny Depp, Helena Bonham Carter, Alan Rickman, Timothy Spall, Sacha Baron Cohen. 116 min. USA. 2007. Adulti. (V). *

Il californiano Tim Burton ha dato al cinema contemporaneo una delle migliori espressioni cinematografiche. È considerato da molti studiosi come il cineasta statunitense dall’immaginario personale più ricco e creativo. Comunque, si allontana -e parecchio- da questi lusinghieri giudizi, in Sweeney Todd. Il film se ben realizzato, è però privo d’interesse, malgrado il conferimento di due Globi d’Oro ed un Oscar alla miglior scenografia.



La storia narra di Benjamin Barker, barbiere ingiustamente incarcerato per quindici anni, che riesce a fuggire e a raggiungere Londra: è il momento di vendicarsi di quel giudice perverso, che gli aveva sottratto moglie e figlia. Essa trae ispirazione da un racconto ottocentesco che -in versione musicale- fece il suo esordio nella Broadway del 1979, per mano di Stephen Sondheim.

Tim Burton opta per realizzare un musical gore, inserendo il film in parametri che lo danneggiano di gran lunga. La struttura musicale, invece di sveltire la narrazione filmica, in questo caso la rallenta colpevolmente, mentre il tono gore stravolge il caratteristico “tocco alla Burton”, di solito così apprezzato nei suoi film. Ci riferiamo a quel tocco di classe che abbellisce ciò che è detestabile e conferisce aria poetica a situazioni assurde. Qui invece, ciò che è repellente resta tale, ma attraversato da un atmosfera pittorica da comic espressionista che lo sprofonda nel gore. Ci si può chiamare Tarantino, oppure Burton; ma pretendere di rappresentare entrambi i registi, tutto in una volta, è davvero troppo.

Probabilmente, Burton intendeva prendere le distanze dalla storia tradizionale del barbiere omicida, per tentare un approccio più personale, meno schematico e reiterativo, che nel caso dei tagli di gola diventa invece pesante, per di più con manifesta compiacenza del proprio cattivo gusto. Vero è, che molto fans di Burton si rallegrano di tale risultato, ma tutti parlano di come “appare” il film; nessuno, invece, del valore della storia in quanto tale. Film del calibro di Big Fish, Charlie e la fabbrica di cioccolato, lo stesso Edward mani di forbice, propongono a iosa argomenti, sfumature, questioni e idee interessanti. Dove è sparito, tutto questo, in Sweeney Todd? Tanto effettismo non riesce a celare la povertà di idee. Juan Orellana. ACEPRENSA.

* Sweeney Todd ha ottenuto due Globo d’Oro al miglior musical e miglior attore di musical, e un Oscar alla miglior scenografia.

Pubblico: Adulti. Contenuti: V (ACEPRENSA)

Espiazione

1/3/2008. Regista: Joe Wright. Sceneggiatura: Christopher Hampton. Interpreti: Keira Knightley, James McAvoy, Saoirse Ronan, Romola Garai, Vanesa Redgrave, Juno Temple. 123 min. GB. 2007. Adulti. (XD) *

È sufficiente vedere l’inizio di questo film per rendersi conto che la rivista Variety non aveva preso un abbaglio, nel segnalare Joe Wright, nel 2006, come uno dei dieci registi da tenere in conto, dopo l’apprezzabile risultato ottenuto dalla personale versione di Orgoglio e pregiudizio.

Espiazione è, per la maggior parte dei critici letterari, il miglior romanzo del prestigioso scrittore inglese Ian McEwan. Portare al cinema un romanzo non è mai facile. Per di più, un romanzo che si presenta poco adatto a trasposizioni su grande schermo. Il copione di Christopher Hampton (Relazioni pericolose, Immagini, Carrington) è molto fedele al libro e sa tradurre in idioma cinematografico, la rarefatta atmosfera di un racconto tormentato e tumultuoso, dotato di notevole carica soggettiva, grazie alla prospettiva di Briony Tallis. Si tratta di una ragazzina di tredici anni che, pur non essendo la narratrice del racconto, ne costituisce senza dubbio l’anima e il luogo in cui si svolge una disgraziata e fatidica partita, coacervo dove tutto ribolle.

Il disegno di produzione del film risulta impeccabile. Vigorosa, la ricostruzione della ritirata inglese a Dunkerke, che parte da un magnifico piano di sequenza, capace di esaltare la qualità della fotografia. Una menzione speciale alla colonna sonora di Dario Marinelli, intelligente e sottile, con fascinoso ricorso a rumori ritmici nel primo movimento dello score del film (il rumore crepitante e in crescendo di una macchina da scrivere, che richiama il palpito febbrile della fantasia della piccola Briony).

Le interpretazioni sono valide, specialmente quella della giovanissima Saoirse Ronan, che regge il peso decisivo della trama di una storia che si inaugura in Inghilterra, nel giorno più caldo dell’estate 1935. I Tallis si trovano nella loro casa di campagna, mentre il capo-famiglia, alto funzionario del governo, lavora in una Londra resa inquieta da pessimistiche prospettive. La piccola Briony prepara una recita di teatro. La ventenne e altezzosa Cecilia torna rabbiosa da Cambridge, dove si trova anche Robbie, figlio di una domestica e compagno di giochi di Cecilia, che studia grazie alla generosità del padre di lei. Si prepara una cenetta speciale per ricevere Leon, il figlio maggiore, fresco di studi universitari.

Espiazione si protende sul mistero del male, con maestria. La questione è che qui, il male lo si affronta per davvero, non come in tanti film da quattro soldi. Perciò, il film risulta scomodo e denso di turbamenti. Solo che in McEwan, dopo tanto veleno messo in scena, fa difetto un efficace antidoto. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

*Espiazione ha vinto il Globo d’Oro per il miglior film drammatico, nonché l’Oscar alla miglior colonna sonora originale.

Pubblico: Adulti. Contenuti: X, D (ACEPRENSA)

La guerra di Charlie Wilson

1/3/08. Regista: Mike Nichols. Sceneggiatura: Aaron Sorkin. Interpreti: Tom Hanks, Julia Roberts, Philip Seymour Hoffman, Amy Adams. 97 min. USA. 2007. Adulti. (XD)

Commedia nera e al vetriolo, che trae spunto da fatti reali: un tessitore di trame, nonché impresentabile congressista del Texas, ottiene fondi per armare i talebani afgani nella lotta contro i russi, alla fine degli anni Ottanta. La trama è intrisa di dialoghi pungenti e sarcastici, confezionata da Aaron Sorkin (padre della riuscita serie tv West Wing - Tutti gli uomini del presidente, e sceneggiatore di Codice d’onore e Il presidente - Una storia d’amore), sceneggiatore intelligente che finisce per tradire un’aria di superiorità intellettuale e morale, che riesce infine insopportabile.



Il trio protagonista (ognuno ha vinto in passato almeno un Oscar) dà vita ad un film che presenta situazioni azzeccate e brillanti, se confezionate per un serial tv, ma risultano ridondanti nel film, indebolendone struttura e progressione. Inoltre, non si capisce bene il desiderio di far fare bella figura a Wilson, facendogli intorno terra bruciata: non c’è un solo personaggio mediamente onesto accanto a lui (non sia mai che qualcuno possa pensare che ci sono anche persone rispettabili, nel mondo politico degli States). Diverse, le situazioni scabrose trattate con eccessiva compiacenza da parte di Nichols, regista sempre risultato mediocre. Ci sono però anche sequenze che fanno morir dal ridere.

Julia Roberts è attrice così capace, da riuscire perfino nell’impresa di risultare odiosa -allo spettatore-, almeno in questo film. Seymour Hoffman è l’ideale per rappresentare il suo personaggio nauseato e cinico, mentre Tom Hanks non ha problemi ad impersonare il congressista texano. Il messaggio finale del film è un concentrato di semplificazioni e di facile populismo. Sembra un cartellone pubblicitario messo di traverso. Le cose non sono così semplici, mister Sorkin. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: X, D (ACEPRENSA)

John Rambo

1/3/2008. Regista: Sylvester Stallone. Sceneggiatura: Sylvester Stallone. Interpreti: Sylvester Stallone, Julie Benz, Paul Schulze, Matthew Marsden, Graham McTavish. 92 min. USA. 2008. Adulti. (VXD)

Vent’anni dopo la prima visione di Rambo III, il sessantenne Sylvester Stallone ha scritto, diretto e recitato da protagonista questa IV avventura del popolare soldato d’élite, capace di realizzare forti incassi, negli USA. Questa volta, John Rambo abbandona la sua vita tranquilla in Thailandia, per condurre nella pericolosa Birmania un gruppo di missionari cristiani, con un carico di medicine, alimenti e bibbie destinati ad una zona selvaggia, devastata dalla guerra civile. L’ex berretto verde, si farà infine totalmente coinvolgere nelle beghe locali -insieme ad un gruppo internazionale di mercenari- quando i missionari verranno sequestrati da una brutale fazione dell’esercito birmano.



Stallone si esibisce nella sua abituale recita rude e sentenziosa. Potente risulta la messa in scena, narrativamente agile e molto coinvolgente nelle sequenze belliche. Per essere onesti, poco verosimili, ma sempre chiare e precise. Funziona anche esteticamente la sua iconografia religiosa, relativamente all’inferno birmano, allo spicchio di cielo che cercano di portare i missionari ed al purgatorio permanente dove vive Rambo, da cui in fondo, è una vita che desidera evadere. Ma l’insieme perde valore, per l’eccessivo pessimismo -che, in certo modo, certifica l’impossibilità di migliorare le cose-, cui si aggiunge una violenza esibita in modo eccessivo, se non sadico. Jerónimo José Martín. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: V, X, D (ACEPRENSA)