Elizabeth. The golden age

ELIZABETH. THE GOLDEN AGE

24/11/07. Regista: Shekhar Kapur. Sceneggiatura: William Nicholson, Michael Hirst. Interpreti: Cate Blanchett, Geoffrey Rush, Clive Owen, Abbie Cornish, Samantha Morton, Jordi Mollà, Rhys Ifans.114 min. GB. 2007. Adulti. (S)

Circa dieci anni fa, il regista indiano Shekhar Kapur (Le quattro piume) è diventato celebre con Elizabeth, primo capitolo di una trilogia sulla vita di Elisabetta I, da lui chiamata “la regina vergine”. Il film, che all’inizio sembrava destinato ad un modesto iter commerciale, ha poi ricevuto sette nominations agli Oscar (ha vinto quella del miglior trucco) e ha vinto 6 riconoscimenti Bafta. Con la stessa equipe, Kapur presenta adesso Elizabeth. The golden age, che affronta la vita della regina tra gli anni 1585 e 1588.

La storia ha due assi portanti: l’ostilità tra l’Inghilterra protestante di Elisabetta I e la cattolica Spagna di Filippo II, che culmina nel film nella sconfitta finale dell’Invincibile Armata (1588), ed il preludio ad una relazione tra Elisabetta e l’affascinante marinaio inglese Sir Walter Raleigh.

Come nel primo film, la messa in scena è spettacolare, anche se alcuni momenti arriva ad una tale esuberanza -specialmente nel capitolo dedicato alla musica- da pretendere davvero troppo. Come nel primo film, vanta ancora un cast di lusso, che più volte arriva a superarsi, al punto da rendere quasi credibile una sceneggiatura altrimenti destinata a far la fine della flotta spagnola: colare a picco nelle acque della Manica.

La storia della crisi personale di Elisabetta I -divisa tra senso del dovere ed incipiente idillio con Raleigh- è raccontata in modo pessimo, scritta a strattoni, narrata in modo sconnesso; infine, presentata in modo assai inverosimile.

Circa il rispetto dello sfondo storico del film, Kapur pensa di cavarsela, riconoscendo che “la storia dipende dall’interpretazione e 400 anni danno luogo a molte diverse interpretazioni”. Con tale frase fatta ripropone la più truculenta della versioni della “Leggenda Nera spagnola”, fornendone una versione decisamente manichea, specialmente nella prima parte del film. I buoni sono gli inglesi protestanti, liberati da un’energica ma integerrima regina (la cui reale biografia potrebbe invece alimentare altrettante “leggende nere”). I cattivi sono i cattolici spagnoli, banda di fanatici fondamentalisti, intolleranti, ignoranti (non sanno neanche parlare spagnolo, grazie alla stravagante decisione di fare recitare gli attori britannici che li impersonano nel castigliano approssimativo da turista straniero) ritratti in modo decisamente dozzinale. Ana Sànchez de la Nieta. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: S (ACEPRENSA)

Sleuth. Gli insospettabili

SLEUTH. GLI INSOSPETTABILI

24/11/2007. Regista: Kenneth Branagh. Sceneggiatura: Harold Pinter. Interpreti: Michael Caine, Jude Law. 86 min. USA. 2007. Adulti. (D)

Nel 1972, Joseph Mankiewicz aveva girato un capolavoro: l’adattamento della pièce teatrale di Anthony Shaffer imperniato sul gioco che Andrew Wyke (Laurence Olivier), famoso scrittore di gialli, propone all’amante di sua moglie: il giovane parrucchiere Milo Tindle (Michael Caine). Il regista del Giulio Cesare, già allora ne ottenne un thriller psicologico di alto livello che offrì al pubblico, dotato delle magistrali interpretazioni magistrali di Olivier e Caine. Anche ora, 35 anni dopo, non sembra da meno l’attuale riedizione.

Il materiale di Sleuth era già buono. Pertanto, non sorprende l’idea di alcuni -Jude Law è il produttore- di farne una nuova versione. Certe decisioni hanno rivelato notevole saggezza: tagliarne drasticamente la durata (da 139 a 86 minuti); affidare a Michael Caine un ruolo completamente diverso (non soltanto dal suo, bensì anche da quello di Olivier); contrattare Branagh -il più teatrale dei registi cinematografici contemporanei- per dirigere il film; ed infine, chiedere al premio Nobel britannico Harold Pinter (esperto nel rievocare personalità ambigue, in ambienti torbidi) di riscrivere la sceneggiatura.

Branagh, al ritmo dell’eccellente musica di Patrick Doyle, ne trae una messa in scena affascinante. La dimora di stile georgiano del film originale mantiene soltanto la facciata. All’interno, i grotteschi pupazzi del famoso romanziere sono stati sostituiti dalle nuove tecnologie: camere di sicurezza, schermi al plasma, comandi e ascensori trasparenti consentono a Branagh la possibilità di fare riprese impossibili, originali, con strane combinazioni cromatiche. Tutto, in questo allestimento scenico, ben si adatta al testo elaborato da Pinter, molto più duro, conciso, scomodo e inquietante della precedente versione. E anche più volgare e pungente, così che il film risulta ora più adeguato agli adulti dell’originale.

I primi 50 minuti di Sleuth sono sensazionali. Il film ha ritmo; la trama, il vigoroso montaggio e il duello tra i protagonisti avvincono lo spettatore. Il problema è nelle sequenze che rappresentano il terzo e ultimo atto. Qui Pinter si allontana dall’opera originale, prescinde dall’originale gioco di indovinelli di Tindle e dall’agile e tagliente atmosfera finale della pièce di Mankiewicz, per prolungare il duello in un nuovo giro di vite (rientra nello stile di Pinter ricorrere alla bestemmia e ad una chiara allusione gay) che si presenta peraltro inverosimile.

Sulla recitazione, Law non è Olivier e, anche se in certi momenti appare brillante, in altri appare un po’ gigione, lasciando trasparire i suoi limiti. Ma Caine è sempre Caine, e vederlo (e ascoltarlo) recitare è una gioia. Ana Sànchez de la Nieta. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: D (ACEPRENSA)

Stardust

24/11/2007. Regista: Mathew Vaughn. Sceneggiatura: Jane Goldman y Matthew Vaughn. Interpreti: Claire Danes, Charlie Cox, Michelle Pfeiffer, Robert de Niro, Sienna Miller. 130 min. GB, USA. 2007. Giovani.

Secondo film del trentaseienne londinese Mathew Vaughn, già noto negli anni Novanta come produttore di titoli quali Lock&Stock e Snatch- Lo strappo. Stardust è l’adattamento al cinema dell’omonimo romanzo del britannico Neil Gaiman, pubblicato nel 1999, con eccellenti illustrazioni di Charles Vess.

Il giovane Tristano, semplice e ingenuo dipendente di un negozietto del paese di Muro, cerca di conquistare il cuore della frivola e civettuola Victoria, prossima sposa di un raffinato pretendente. Travolto dalla passione d’amore, Tristano le promette di portarle una stella. Per cercarla, dovrà superare il muro che circonda la sua tranquilla città. Inizia un viaggio, contro il tempo, popolato di streghe, principi ereditari e pirati, tutti alla ricerca della stella.

Stardust è una fiaba ingegnosa, abilmente intonata ad una versione filmica. Le somiglianze con La storia fantastica sono evidenti, come pure alcuni elementi tratti dalla Storia infinita e dalle Cronache di Narnia, ma bisogna riconoscere che la storia di Stardust è creativa ed originale, così da non potersi definire un misto di varie fiabe precedenti.

L’autore della storia originale è famoso per un drammatico ed espressivo romanzo grafico, intitolato Sandman, pubblicato tra il 1986 ed il 1996. Il riferimento è pertinente, perché Stardust è quello che potremmo chiamare una fiaba per adulti, cioè una storia che farà sorridere gli adulti e attirerà i più giovani. Per i bambini non ci sono gravi inconvenienti, sebbene lo humour iconoclasta e certe oscurità della trama non siano adeguate a minori di 12 anni.

Il film, interessante e dotato di buon ritmo, conta su di una recitazione molto divertente e su di una trama riuscita. La messa in scena e il disegno di produzione sono abbastanza buoni, in gran parte perché prendono a modello le magnifiche illustrazioni del romanzo originale, seguendo poi fedelmente le descrizioni di un libro ben scritto e pieno di vivacità. Claire Danes propone alla perfezione la stella caduta, una giovane di carattere. Il resto del cast è perfetto. Dopo l’abbuffata della saga di Harry Potter, Stardust è film fresco e divertente, dotato di una fantasia misurata, di eccellente livello. Dotato di un budget di 65 milioni di dollari, il film ha finora introitato 80 milioni, di cui però solo 38 dal mercato nordamericano. Significativo. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. (ACEPRENSA)

Michael Clayton

24/11/2007. Regista: Tony Gilroy. Sceneggiatura: Tony Gilroy. Interpreti: George Clooney, Sidney Pollack, Tom Wilkinson, Tilda Swinton. 119 min. USA. 2007. Adulti. (D)

Tony Gilroy, finora autore di sceneggiature (suoi gli adattamenti al cinema dei romanzi di Robert Ludlum per la saga Bourne e di altri testi come Soluzione estreme, L’avvocato del diavolo, Rapimento e Riscatto), per la prima volta dirige un buon thriller di ambiente forense, che riesce a catturare l’interesse dello spettatore, tenendolo in tensione fino alla fine. Un efficace Clooney incarna Michael Clayton, avvocato e -tempo addietro- collaboratore del pubblico ministero, che ha abbandonato l’esercizio della sua professione, dopo aver ricevuto l’incarico di risolvere -con discrezione- i problemi e le situazioni difficili dove finiscono regolarmente per trovarsi gli avvocati ed i clienti di un potente studio legale di New York, specializzato in cause milionarie. Clayton risolve questi “problemi” con l’efficacia di un chirurgo, anche se il trattamento che lo attende, alla fine, lo farà sentire pieno di rancore, desideroso di iniziare una nuova vita con i soldi ricevuti a seguito della missione compiuta.

Il film, prodotto da Clooney, Soderbergh, Minghella e Sidney Pollack, ha una struttura circolare che pretende di conferire originalità ad una storia non originale e resa fragile da una certa carenza di definizione tematica. Tenendo conto che il copione non risulta un gran che, l’opera si affida tutto all’eccellente cast, dove stecca solo un istrionico Tom Wilkinson. La fotografia di Robert Elswit (Good nigth and good luck, Syriana) e la musica di James Newton Howard (The interpreter, Blood diamond) aiutano a sostenere il film, altrimenti destinato al fiasco. Dopo esser stato inserito nella sezione ufficiale del Festival di Venezia, il film ha raccolto 33 milioni di dollari nelle sale degli USA: discreta cifra, tenendo conto che è costato 25 milioni. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: D (ACEPRENSA)