Spiderman 3

26/5/2007. Regista: Sam Raimi. Sceneggiatura: Sam Raimi, Ivan Raimi, Alvin Sargent. Interpreti: Tobey Maguire, Kirsten Dunst, James Franco, Thomas Haden Church, Topher Grace. 156 min. USA. 2007. Giovani. (V)

Non era facile portare su grande schermo la storia dell’eroe più famoso della Marvel. Comunque, nel 2002, Sam Raimi con il suo Spider-Man è riuscito a guadagnarsi il consenso di una gran folla di estimatori del fumetto dell’uomo-ragno, già pronti a scagliarsi contro chiunque avesse osato tradirne l’immagine al momento di trasporlo in film (chi pensa ad una mia esagerazione, vada a vedersi le reazioni entusiastiche sui vari siti web). Un paio d’anni dopo, proprio Raimi ha presentato un notevole secondo episodio, dove si narra il passaggio del super-eroe alla maturità.

In Spider-Man 3 abbiamo un Peter Parker-Spider, riconosciuto ormai come eroe, che ottiene la consacrazione pubblica del suo personaggio. La vita prende una piega decisamente positiva per lui… fino a quando inizia a lottare contro nuovi nemici e, soprattutto, contro sé stesso. Il segreto del film non è altro che un riuscito equilibrio tra le spettacolari scene di azione e la storia personale del protagonista.

Il tempo trascorso tra il secondo e questo terzo episodio è servito anche ad un ulteriore progresso tecnico nel campo degli effetti speciali. In tal senso, alcune scene del film, come la trasformazione dell’Uomo di sabbia o la prima lotta tra Spider-Man e Harry Osborn, risultano straordinarie.

Ma oltre a curare al massimo le scene di azione ed a plasmare una estetica molto ben riuscita, a cavallo tra il comic e il videogioco, Raimi ha curato altrettanto bene il copione, assemblando con abilità la trama principale -il rapporto tra Spider-Man e Mary Jane- con le differenti storie secondarie. Alcune di queste hanno personaggi nuovi, pronti a sviluppare le rispettive vicende. Il risultato è un film agile e divertente. Come nei due precedenti episodi, persiste il ricorso al senso dello humour e ad un chiaro messaggio positivo (che talvolta incorre in qualche luogo comune).

Tobey Maguire dà un’ulteriore saggio del fatto che quel personaggio gli va proprio a pennello. Tuttavia, quando il protagonista non rappresenta “il lato buono di Peter Parker”, tende a recitare in modo troppo carico. Almeno, nella parte meno riuscita del film; ovvero, purtroppo, nella relazione con Bryce Dallas Howard -la fiamma del “Parker del lato scuro”- che incarna un personaggio troppo schematico, meno convincente di quello di Kirsten Dunst. La serie ha incassato più di 1.600 milioni di dollari in tutto il mondo. Già si attende Spider-Man 4 e 5. Ana Sànchez de la Nieta. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V (ACEPRENSA)

Zodiac

26/5/2007. Regista: David Fincher. Sceneggiatura: James Vanderbilt. Interpreti: Jake Gyllenhaal, Robert Downey Jr., Mark Ruffalo. 158 min. USA. 2007. Adulti. (VS)

Il sesto film del regista nordamericano David Fincher (Denver, 1962), è tanto lungo, quanto privo di sostanza. Non è che Alien 3, Seven, The Game, Figth Club, Panic Room, avessero molto contenuto, ma almeno qualcosa c’era. Zodiac è uno di quei film, davanti al quale il critico di cinema non può che restare indifferente. Come alla scialuppa di salvataggio, perfettamente equipaggiata ma priva di una risorsa decisiva, al film manca un piccolo dettaglio: il motore. Si potrebbe pensare che se manca il motore, si possono usare i remi, ma neanche cosi funziona: il film è un monumento al nulla. Pare che Fincher, dopo aver molto imparato dalle varie critiche ricevute in carriera, per la sua propensione ad esagerare la ricerca di effetti, abbia voluto -in questa occasione- mostrarsi più sobrio e distaccato.

L’argomento ruota su un serial killer reale, tuttora in libertà, o forse già morto: non appare chiaro. Si tratta di un soggetto tarato che attacca le coppiette in posti isolati. Un giornalista e un disegnatore, colleghi tra loro di redazione, manterranno un contatto con l’omicida, denominato Zodiac, desideroso di far parlare sempre di sé i vari media. Il terzo protagonista -se così vogliamo definirlo- è un detective di polizia, che si occupa del caso da molti anni. Il film, di eccessiva lunghezza, è ben fatto, ben ambientato, ben interpretato. Risulta inserito nell’elenco della selezione ufficiale che concorre al festival di Cannes. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: V, S (ACEPRENSA)

Salvador, 26 anni contro

26/5/2007. Regista: Manuel Huerga. Sceneggiatura: Lluís Arcarazo, dal libro Cuenta atrás, di Francesc Escribano. Interpreti: Daniel Brühl, Tristán Ulloa, Leonardo Sbaraglia, Joel Joan, Leonor Watling. 138 min. Spagna, 2006. Adulti. (VXD)

Dieci anni dopo Antartida, Manuel Huerga (Barcellona, 1957), dirige il suo secondo film: una ricostruzione degli ultimi mesi di vita di Salvador Puig Antich, militante anarchico, giustiziato il 20 marzo 1974 per aver ucciso un poliziotto. La prima parte, l’arresto, è alquanto debole: piena di luoghi comuni. La storia della militanza attiva di Puig, si vede bene, è animata e ha ritmo, anche se alcune esagerazioni ne menomano il valore: ad esempio, i poliziotti fanno a gara per dimostrare chi è il più odioso, fino a cadere nel grottesco; c’è una rapina in banca, a mano armata, davvero simile ai western di Sam Peckinpah; infine, la sequenza con la ex-fidanzata di Salvador è piatta, non aggiunge niente. Invece, la parte che lo ritrae nel carcere, quando si scopre il lato umano del condannato, è notevole.

Il film ha un prologo e un finale, di cui si può far tranquillamente a meno. Vuole prepararci ad assistere ad un esempio d’idealismo, di sincerità e di lotta per la libertà, negli ultimi anni della dittatura di Franco. E termina con immagini della sepoltura di Puig, in mezzo a un ferreo cordone di polizia, dove una voce in “off” parla della ripercussione dei fatti.

Huerga riesce a ottenere una grande interpretazione da Daniel Brühl, mettendolo a confronto con attori e attrici di livello, in primo luogo Leonardo Sbaraglia, semplice agente di custodia che finirà per diventare amico del protagonista. Restano note stonate i personaggi del sacerdote e del boia. Il primo perché, chiaramente, non sapevano cosa fare di lui e gli danno un paio di battute generiche, vuote; il secondo, perché il boia appare personaggio caricaturale, fuori ruolo in questo dramma.

Il film di Huerga trasmette autentiche emozioni e rende credibili i personaggi. Andando oltre le evidenti simpatie del regista per il protagonista, ne risulta una decisa denuncia contro la pena di morte. La musica di Lluis Llach, cantautore catalano, è indovinata e si sposa bene con la creazione di Huerga, che dimostra di aver buon colpo d’occhio. Anche se l’approccio all’epoca storica è più riuscito ed originale rispetto alla stragrande maggioranza dei film che hanno affrontato il periodo franchista, al momento di riferirsi alla lotta per la libertà, perde decisamente quota, arrivando a distorcere i fatti. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: V, X, D (ACEPRENSA)

Number 23

26/5/2007. Regista: Joel Schumacher. Sceneggiatura: Fernley Phillips. Interpreti: Jim Carrey, Virginia Madsen, Danny Huston, Logan Lerman. 95 min. USA. 2007. Adulti (VSD).

La signora Agatha ha avuto la cattiva idea di regalare un giallo al marito, Walter Sparrow. Il libro in questione è il thriller in cui un detective, stile Philippe Marlowe, alter ego del protagonista, cerca di risolvere una serie di omicidi, trovando ovunque una correlazione col numero 23. Walter inizia a sentirsi coinvolto dall’ossessione per questo numero. Intuisce inoltre, nel romanzo, significati segreti che hanno a che vedere col suo passato. A ciò si aggiunge l’incubo, ricorrente nei suoi sogni, di pugnalare la moglie.

Film ambizioso, né poteva essere altrimenti, appare un thriller originale e fantasioso, partorito dalla mente di Joel Schumacher (Il momento di uccidere, Barman&Robin, Il fantasma dell’Opera), anche se non ben riuscito. Come tanti copioni recenti, la storia qui narrata parte da una buona idea, per scadere nel pacchiano. La buona idea è mostrare due universi paralleli, della realtà e della finzione, chiaramente separati all’inizio, grazie a un buon lavoro di fotografia e di colore. Interpretati dagli stessi attori, questi universi cominciano a identificarsi progressivamente, man mano che l’azione va avanti, fino a risultar sempre più difficile tracciare la linea di demarcazione tra realtà e finzione.

La partenza doveva essere scatenata, ma tutt’al più risulta superficiale e affrettata, perché al posto del suspense emerge la curiosità delle coincidenze numeriche: William Shakespeare è nato e morto un giorno 23, Giulio Cesare è stato pugnalato 23 volte… e avanti cosi: il numero si ripete alla noia. Nel finale, i colpi di scena -che avrebbero dovuto risultare inattesi nel copione- non sorprendono, perché non sono affatto nuovi: anzi, triti e ritriti.

In definitiva, Number 23 è un opera di intrattenimento, con aspetti interessanti, dove fanno la loro parte la colonna sonora, l’interpretazione di Carrey e la fotografia. Ma ci si attendeva di più. Bisogna inoltre preavvertire che la parodia del clima da romanzo noir a buon mercato evoca una crudezza di fondo: sangue, violenza e, alle volte, uno sgradevole tono sensuale. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: V, S, D (ACEPRENSA)