Gli incredibili

27/11/2004. Regia: Brad Bird. Sceneggiatura: Brad Bird. Cartoni animati. Musica: Michael Giacchino. 115 m.USA. 2004. Tutti

Sulla scia dei successi di Toy Story 1 e 2, A Bug’s Life-Megaminimondo, Monsters&Co e Alla ricerca di Nemo, Pixar Animation prosegue con Gli Incredibili: 143 milioni di dollari incassati, nelle prime due settimane di visione negli Stati Uniti. Regista e sceneggiatore di turno è Brad Bird, prestigioso esponente del genere del film d’animazione, che anni fa ha diretto per la Warner Il gigante di ferro.

Il film narra le vicende di una famiglia di supereroi, particolarmente sensibili di fronte alla discriminazione sociale nei confronti dei propri simili. Riciclato in un’esistenza normale, come assicuratore, l’erculeo Mr. Incredibile non sopporta il suo esilio dall’eroicità. Così aiuta i clienti, uscendo talvolta di notte, in gran segreto, con un altro supereroe: per altruismo. Queste assenze mandano in bestia la moglie, Helen, donna animata di grande coraggio, che si sforza di dimenticare la sua condizione di Elasticgirl, in quanto soddisfatta dal ruolo di madre di tre figli. La figlia grande, Violet, è un’introversa adolescente, che ha il dono di diventare invisibile e di creare campi di forza. Il secondo, Dash, è un turbolento ragazzo che corre più veloce del vento. Infine, Jack Jack è un giocherellone, apparentemente privo di poteri speciali. L’apparizione di un misterioso super-malvagio costringerà la famiglia a rivedere i precedenti 15 anni di vita, trascorsi nella normalità.

Il film, prodigio di ritmo e progettazione, va decisamente oltre l’animazione digitale di personaggi umani, disegnati su profili caricaturali. Questo spiega come mai il film regga splendidamente sia nelle impressionanti sequenze d’azione, che nelle accattivanti scene di intimità famigliare. Tale collaudato mix lo eleva a capolavoro, se si appoggia, come avviene, su di un copione da manuale. Ne emerge un’attraente prospettiva dei rapporti famigliari, basati su di una sapiente miscela di affetto ed esigenza. Ne esce un’originale analisi sociale, molto critica verso il crescente disprezzo cui oggi risulta relegata l’eroicità morale, nonché diffidente verso un progresso scientifico privo di presupposti etici. Il film risulta perciò davvero coinvolgente, specialmente nell’appello alla responsabilità, quando arriva il momento di esercitare le proprie qualità. Jerónimo José Martín. ACEPRENSA.

The manchurian candidate

27/11/2004. Regista: Jonathan Demme. Sceneggiatura: Daniel Pyne e Dean Georgaris. Interpreti: Denzel Washington, Meryl Streep, Liev Schreiber, Jon Voigth, Kimberly Elise, Bruno Ganz, Vera Farmiga. 140 min. USA. 2004. Giovani.

Denzel Washington interpreta il comandante Marco, veterano della Guerra del Golfo, che soffre periodici incubi a ricordo di un’imboscata, dove persero la vita due dei suoi uomini. Eroe di quel giorno fu il sergente Shaw, insignito di croce al merito, nonché attuale candidato alla vicepresidenza degli Stati Uniti. Sebbene per anni, Marco abbia tenuto conferenze, elogiando le gesta del compagno d’armi, gli incubi persistenti e l’incontro con un altro veterano del Kuwait lo inducono a rianalizzare quanto avvenne in quella notte del 1991. Se le sue paure sono fondate, ecco che gli Stati Uniti dovranno affrontare la più grande minaccia della propria storia.

Dopo una serie di flop, il regista di Il silenzio degli innocenti ci offre un film di qualità. Si tratta di un interessante remake di un capolavoro di Frankenheimer, dove Frank Sinatra interpretava il ruolo principale. Allora, la guerra era quella di Corea; e il nemico, i comunisti. Oggi sono le gigantesche multinazionali ad imporre i rispettivi candidati, con la pretesa di dirigere il destino dei popoli, manipolando la sensazione d’insicurezza, vera o presunta, scaturita dagli attentati dell’11 settembre 2001.

Connotazioni e parallelismi politici non devono far dimenticare la cosa essenziale: il film è stato girato con grande maestria. Le interpretazioni, particolarmente quella di Meryl Streep, sono eccellenti. L’unico dettaglio stonato è la fantasiosa manipolazione di condotte e personalità -nel 1962 si limitavano a semplici lavaggi di cervello- che trasformano la storia in thriller di fantascienza. Forse questo sfondo inverosimile è creato ad arte dagli autori onde evitare che si prenda sul serio, come profezia, la tesi principale del film: “È ormai prossimo l’avvento del primo vicepresidente USA fantoccio, manovrato da un’impresa privata”. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Les choristes

27/11/2004. Regista: Christophe Barratier. Sceneggiatura: Christophe Barratier. Interpreti: Gérard Jugnot, François Berléand, Kad Merad, Jean-Paul Bonnaire, Marie Bunel, Paul Chariéras, Carole Weiss. 95 m. Francia. 2004. Giovani.

Chitarrista prima di diventare cineasta, Christophe Barratier ha iniziato a lavorare per Jacques Perrin nel 1991. Con lui è stato delegato alla produzione di film come Microcosmos-Il popolo dell’erba, Himalaya o Il popolo migratore. Nel 2001 ha diretto il cortometraggio Les Tombales, da un romanzo di Maupassant. Ora, Barratier riscuote un sorprendente successo con Les choristes, primo film da regista, selezionato dalla Francia per concorrere all’Oscar, negli States, quale miglior film straniero.

Il copione nasce da un adattamento del film La Cage aux Rossignols, di Jean Dréville (1945). Narra la storia di Clément Mathieu, professore di musica disoccupato, che nel 1949 inizia a lavorare in un istituto di correzione per minori. Ben presto, Mathieu si scontrerà con i metodi repressivi del direttore dell’internato, Rachin, che tiene in pugno gli allievi, ricorrendo alle maniere forti. Mathieu proverà a guadagnarsi gli adolescenti, organizzando con loro un coro polifonico, che presto susciterà in tutta la classe un desiderio di riscatto. Chi trova più difficoltà ad integrarsi è Pierre, ragazzo introverso, intelligente e sensibile, che fuori si ostenta sprezzante e aggressivo.

Sulla scorta del lungo flash-back da un acclamato direttore d’orchestra, il film ha il sapore collaudato, agrodolce, dei classici film imperniati sull’analisi di una determinata professione, come Goodway, Mister Chips, di Sam Wood. Ne emerge la comune idealità dell’insegnamento, descritto più come iniziazione alla vita, piuttosto che semplice trasmissione di conoscenze. Nella fattispecie, occorre aggiungere i drammi dei ragazzini dell’istituto, che la società stessa sembra respingere verso un destino negativo. La musica offre nuove sfide, al professore e agli alunni, simili a quelle viste in film come Il maestro di musica, Tutte le mattine del mondo, o Professor Holland.

Come appare evidente, Les choristes non è un film originale, ma riesce ad integrare numerosi elementi interessanti, sviluppandoli in tono amabile e profondo, idoneo ad affrontare senza eccessive pretese, e senza indulgere nel fatalismo, tematiche spinose quali: la pederastia, le famiglie fallite, la delinquenza precoce. Il ricorso a splendidi attori, tra i quali svetta Gerárd Jugnot, che riesce a valorizzare molto bene il personaggio di Mathieu, professore di musica che sa essere affettuoso e, al contempo, esigente. Menzione speciale va anche all’eccezionale colonna sonora di Bruno Coulais, basata su raffinati cori polifonici -sacri e profani- molto ben interpretati da Les Petites Chanteurs de Saint-Marc e dal solista, Jean-Baptiste Maunier, che interpreta il sofferto Pierre, con espressiva interiorità. Jerónimo José Martín. ACEPRENSA.

La tela dell'assassino (Twisted)


27/11/2004. Regista: Philip Kaufman. Sceneggiatura: Sarah Thorp. Interpreti: Ashley Judd, Andy Garcia, Samuel L. Jackson, David Strathairn, Russell Wong, Mark Pellegrino. 97 min. USA. 2004. Adulti.

Jessica Shepard è ispettrice di polizia, dalla vita solitaria, un po’ alcolizzata, violenta, sessualmente promiscua. Nel suo primo caso, alla sezione omicidi di San Francisco, ha a che fare con una crudele serial killer, che elimina sistematicamente gli uomini che hanno rapporti intimi con lei. Gradualmente, proprio la poliziotta finisce per diventare la principale sospetta dei crimini, fino al punto che, a sostenerla, rimangono solo il “capo” e quel collega di cui si sta innamorando. Lei stessa comincia a dubitare del proprio comportamento, soprattutto da quando ha allucinazioni da droga.

Unica novità di questo mediocre film noir è quella di presentare una donna, nel ruolo abitualmente assegnato al protagonista maschile. Per il resto, la storia è narrativamente confusa, imbrogliata nello sviluppo, molto sordida nel tono, specialmente nelle volgari sequenze sessuali e nei morbosi passaggi violenti. Emerge, in negativo, la mano del regista Philip Kaufman, incline sia ad una narrativa caotica, che all’erotismo. Basti pensare ad altri suoi film come Henry e June, o Quills-La penna dello scandalo. Perciò, La tela dell’assassino rimane appesa soltanto allo sforzo degli attori, specialmente Andy Garcia, mentre Ashley Judd e Samuel L. Jackson non sempre sono all’altezza. Jerónimo José Martín. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: V+, X+, D+, F. Qualità tecniche: ** (MUNDO CRISTIANO)

L'Esorcista: La genesi

27/11/2004. Regista: Reni Harlin. Sceneggiatura: Sarah Thorp. Interpreti: Stellan Skarsgard, James D'Arcy, Izabella Scorupco, Julian Wadham, Remy Sweeny. 114 min. USA. 2004. Adulti.

Vuol essere il seguito del film del 1973. Venticinque anni prima, padre Marrin, ossessionato dal ricordo delle violenze naziste, lascia l’Olanda per il Cairo e scopre nella cripta di una chiesa bizantina un demone, entrato nel corpo di un ragazzo.

Pubblico: Adulti. Contenuti: V+, S, D+, F. Qualità tecniche: ** (MUNDO CRISTIANO)

Sky captain adn the world of tomorrow

20/11/2004. Regia: Kerry Conran. Sceneggiatura: Kerry Conran. Interpreti: Jude Law, Gwyneth Paltrow, Angelina Jolie, Giovanni Ribisi. Durata: 88'. Gran Bretagna/Italia/USA. 2004. Genere: Fantascienza. Giovani.

1939. L'anno della Fiera Internazionale di New York e del film Il mago di Oz. La giornalista/fotoreporter Polly si accorge della sparizione di importanti scienziati tedeschi. Come se non bastasse, New York viene invasa da giganteschi robot radiocomandati. Polly riconosce che solo l'intrepido Sky Captain può risolvere l'arcano, anche se vorrebbe evitarlo perché nel passato sono stati fidanzati e tra loro c'è rimasta della ruggine....

Kerry Conran non è un regista di mestiere. E' innanzitutto un bravo disegnatore (tutto lo storyboard, i costumi dei protagonisti, i robot, le armi speciali sono stati ideati da lui), amante dei film in bianco e nero d'avventura e appassionato dei comic book americani. E' anche esperto di computer grafica; il primo sample del film (4 anni di lavoro per realizzare un dimostrativo di 6 minuti) è stato realizzato con gli strumenti di cui disponeva in casa. Infine l'incontro con il produttore John Avenet (a cui si è unito anche Aurelio De Laurentiis) e la decisione di attrezzare uno studio per riprese in blue-screen, con un centinaio di persone addette alle riprese e all'animazione dove attori in carne ed ossa hanno recitato nel "vuoto" davanti ad un fondale blu che è stato poi animato, in postproduzione, con scenari di fantascienza. Molto riuscita l'idea di adottare tonalità sfumate, con prevalenza del grigio seppia: in questo modo le riprese degli attori dal vero e gli scenari generati in computer grafica si sono perfettamente impastati in un'atmosfera di fanta-retrò.

La città di New York è vista come attraverso cartoline d'epoca (come quando ci viene rappresentato l'ingresso al Radio City Hall) o come la Gotham City di Batman; gli aerei futuristi ed i razzi spaziali sono quelli di Flash Gordon e di Rocketeer; le riprese sulle impervie cime dell'Himalaya sono praticamente identiche a quelle del bellissimo Orizzonte perduto (1937) di Frank Capra; l'attracco di un dirigibile Zeppelin all'Empire State Building rievoca la sequenza finale di King Kong (1933); una antenna radio che emette le sue onde è la stessa della sigla di apertura di tutti i film della RKO mentre Gwyneth Paltrow, con il suo cappello nero sulle ventitré rievoca le eroine del noir d'epoca.

E la storia? Penso che avete tutti letto abbastanza fumetti per sapere in anticipo che il mondo non verrà distrutto e che fra la intraprendente giornalista e l'intrepido capitano qualcosa di tenero nascerà...ma non abbastanza perché bisogna lasciar spazio ad una prossima puntata. Da questo punto di vista il film è esattamente quel che vuol essere, un film di genere dove lo spettatore ottiene quello che si aspetta; non è stata fatta nessuna operazione di attualizzazione: si pensi sopratutto a Spider-Man e a Spider-Man 2 dove l'ambientazione ricavata dai Comic Book è un pretesto per raccontare qualcosa di più profondo con sensibilità moderna.


Per questo motivo sarà interessante capire se il film sarà ben accolto dai giovani: il regista (che pure ha solo 37 anni) ha compiuto una operazione di pura nostalgia; nostalgia di quella aspettativa per il futuro che si era creata all'apertura della World' Fair di New York del 1939 (che si intitolava appunto "The World of Tomorrow"); nostalgia di storie lineari dove il bene trionfava sul male (più esattamente: dove il male era il male ed il bene era il bene) ed il protagonista maschile e quello femminile finivano per innamorarsi. Franco Olearo.
Per gentile concesione di FAMILYCINEMATV.

Valori/Disvalori Un piacevole divertimento senza malizia, ne doppi sensi

Si suggerisce ai genitori la visione a partire da:Pre-adolescenti. Per la violenza distruttiva dei robot. Una frase licenziosa.

Giudizio tecnico: ****. Opera di grande bellezza evocativa di un mondo retro-fantasy. Personaggi/eroi ben tratteggiati. Sceneggiatura semplice con venature ironiche.

Maria full of grace

20/11/2004. Regista: Joshua Marston. Sceneggiatura: Joshua Marston . Interpreti: Catalina Sandino Moreno, Yanny Paola Vega, Rodrigo Sánchez Bohorquez, Charles Albert Patiño. 101 min. USA-Colombia. 2004. Adulti.

Sotto un titolo ambiguo, Maria Full of Grace, il regista californiano Joshua Marston esordisce nel lungometraggio affrontando direttamente una delle piaghe più letali della nostra società: il narcotraffico. Ma invece di farlo da una prospettiva di genere hollywoodiano, per esempio come thriller, o ricorrendo ad un iperrealismo sgradevole e violento, Marston sceglie il dramma umano dei trafficanti. Concretamente, delle mulas, donne che per denaro accettano di portare nel loro stomaco capsule di cocaina o eroina nei voli da Bogotá a New York, rischiando la vita -nel peggiore dei casi- o la prigione -nel migliore-. Per questo, il regista sceglie una ragazza di diciassette anni, cattolica, rimasta incinta a seguito di una relazione con un ragazzo che non le vuol bene. La protagonista, per di più, vive in un ambiente famigliare che la umilia. Per questo, davanti all’offerta di ricevere cinquemila dollari per un viaggio di alcune ore, si lancia in un’avventura sconvolgente che le cambierà la vita.

Colpisce l’incoscienza della protagonista in rapporto alle conseguenze del traffico di stupefacenti. Lei non pensa mai ai giovani che moriranno per avere assunto le sostanze che lei sta trasportando. Per lei, l’unico crimine è quello di introdurre sostanze proibite e nient’altro. Un pregio del film è il forte timbro documentarista, che ci permette conoscere da vicino il penoso processo per ingerire le capsule di eroina, ed il fatale epilogo che ne segue, ove se ne rompa una nello stomaco di una persona. Questo realismo ci fa vedere l’altra faccia della medaglia: quando il trafficante diviene la patetica vittima del grande giro di droga.

Il film non scende mai a particolari disgustosi, limitandosi ad evocarne la realtà in modo allusivo. Questa scelta di buon gusto si salda ad un finale pieno di speranza, comprensione e positività, che in certo modo purifica la dignità ferita della protagonista. Il film ha vinto il Premio del Pubblico a Sundance 2004, e l’Orso d’Argento alla migliore attrice (Catalina Sandino Moreno) e il Premio Alfred Bauer a Berlino 2004. Juan Orellana. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: V, S, D, F Qualità tecniche: **** (MUNDO CRISTIANO)

Before sunset (prima del tramonto)

20/11/2004. Regista: Richard Linklater. Sceneggiatura: Richard Linklater, Julie Delpy, Ethan Hawke. Interpreti: Ethan Hawke, Julie Delpy. 100m. USA. 2004. Adulti.

Arriva il seguito di Prima dell’alba (Before Sunrise): stesso regista e cast d’attori. Continua la storia d’amore, con gli stessi protagonisti, nove anni dopo le vicende narrate nel film precedente. Nel film del 1995, si narra dell’incontro casuale di due sconosciuti che passano una notte insieme a Vienna, separandosi prima dell’alba. Il patto è di rivedersi sei mesi dopo. Ma non c’è stato alcun seguito. Adesso, in Before Sunset (Prima del tramonto), dello stesso regista, la coppia si ritrova casualmente a Parigi. Qui potranno spiegarsi il perché dell’appuntamento tradito, che cosa hanno fatto delle loro vite in questi anni e, in definitiva, se continuano a provare una qualche attrazione l’uno per l’altro. Però, stavolta hanno soltanto due ore a disposizione, per stare insieme.

Il film ha lo stesso ritmo lento, dialogato e intimistico, un po’ minimalista, sulla scorta del precedente. In realtà non succede niente, semplicemente assistiamo ad un riannodarsi delle vicende di due personaggi che traspirano quanto si portano dentro: paure, insuccessi, sogni… La conversazione -su cui si impernia la maggior parte del film- appare troppo insistente sul sesso, rendendo quasi infantile quello che appariva un incontro tra persone mature. La realtà è che Jesse e Celine non sono maturati molto, in questi anni, sintomo dello squilibrio tipico del trentenne occidentale.

L’interpretazione degli attori è brillante, così come lo stile generale della scenografia: le canzoni sono interpretate e scritte da Julie Delpy, ed è piacevole percorrere con i protagonisti le strade di Parigi. Ma tutto qui: si tratta di un film modesto. I contenuti sono scarsi, come la lettura antropologica istintiva e sentimentale, solo relativamente gradevole, anche se talvolta condotta con una certa eleganza. Juan Orellana. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: S, D+, F Qualità tecniche: ** (MUNDO CRISTIANO)

El Cid: la leggenda

20/11/2004. Regista: José Pozo. Sceneggiatura: José Pozo. Cartoni animati. 90 min. Spagna. 2003. Giovani.

Questa versione dell’epopea dell’eroe castigliano del secolo XI è una produzione ambiziosa, estroversa, ma non totalmente riuscita. Sembra un copione privo di ritmo narrativo, drammaticamente povero di sostanza -abbondano i luoghi comuni- e assai libero come interpretazione storica. Inoltre, l’eccessiva somiglianza di diversi personaggi tra loro, la non eccellente integrazione di disegni realisti e comici, l’astratto estetismo degli scenari di fondo e una gamma cromatica alquanto ridotta limitano il suo target ad un pubblico infantile. José Pozo trascura le regole del cinema di animazione, per la sua ambizione ad essere originale a tutti i costi e di differenziarsi dallo stile Disney. Se però lo si riduce a film d’avventure per un pubblico di adolescenti, allora il risultato può anche riuscire soddisfacente. In tal senso, offre un’animazione originale e diverse sequenze di battaglie davvero spettacolari. Jerónimo José Martín. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V. Qualità tecniche: *** (MUNDO CRISTIANO)

L'Inventore di favole (Shattered glass)

13/11/2004. Regista: Bill Ray. Sceneggiatura: Bill Ray. Interpreti: Hayden Christensen, Peter Sarsgaard, Chloë Sevigny, Rosario Dawson, Hank Azaria. 99 min. USA-Canada 2003. Giovani.

Tra il 1995 e il 1998, il giovane Stephen Glass si afferma quale prestigioso giornalista grazie ai 41 articoli pubblicati sull’autorevole rivista di analisi The New Republic. Ma un giorno, una pubblicazione su Internet rende pubblica la falsità di un servizio di Glass su un congresso di hackers. L’accusa ricade sul nuovo direttore della rivista, Chuck Lane, onesto e metodico giovane redattore, che ha appena rilevato la direzione di The New Republic da un giornalista carismatico, contro l’opinione di quasi tutto il corpo di redazione. L’accusa che Glass si era inventato totalmente o parzialmente 27 dei suoi 41 articoli, alla fine risulterà fondata.

Dopo aver scritto alcuni film discreti, come Il colore della notte (Color of Nigth) o Sotto corte marziale (Hart’s war), Billy Ray esordisce da regista in Shattered Glass. Si tratta di un interessante dramma che denuncia il sensazionalismo giornalistico, le miserie della morale del “successo a qualsiasi prezzo” e la vacuità della cultura delle apparenze. Per contrasto un elogio al lavoro ben fatto, nonché alla maturità nei rapporti professionali e personali. Questa profondità drammatica ed etica della sceneggiatura giova all’efficacia della stessa.

Un capitolo a parte merita il cast. Il prestigioso Hayden Christensen intriga lo spettatore, mantenendo a lungo celata l’identità del suo scadente personaggio. Da parte loro, Hank Azaria, Chloë Sevigny e Melanie Lynskey appaiono spesso brillanti interpreti nelle brevi comparse. Il migliore è Peter Sarsgaard, sensazionale nel ruolo del giovane direttore. La sua interpretazione gli vale la nomination al Globo D’Oro 2003, quale migliore attore. La sua personalità e caratterizzazione riassumono coerentemente la profonda riflessione morale che il film propone sulla bellezza della verità e la deformità della menzogna. Jerónimo José Martín. ACEPRENSA.

Cosi fan tutti (Comme une image)

13/11/2004. Regista: Agnès Jaoui. Sceneggiatura: Agnès Jaoui. Interpreti: Marilou Berry, Agnès Jaoui, Jena-Pierre Bacri, Laurent Grévill, Virginie Desarnauts. 110 min. Francia. 2004. Adulti.

Agnès Jaoui è una delle voci più interessanti del cinema europeo attuale. La sua crescita di attrice si è perfezionata lavorando in coppia, da anni, con un altro attore, Jean-Pierre Bacri. Insieme hanno scritto film di valore, come Smoking e No smoking, e On connait la chanson, entrambi diretti da Alain Resnais. Nel 1999, Jaoui e Bacri sono gli autori della commedia di costume Il gusto degli altri (Le goût des autres), che segna il brillante debutto di lei alla regia, con vari riconoscimenti. Questa brillante carriera si impenna ancor più in Cosi fan tutti (Comme une image), premio alla miglior sceneggiatura al Festival di Cannes 2004. Si tratta di una nuova dissezione, corale e tragicomica, del mondo attuale, stile Woody Allen, ma con una profondità e buon umore decisamente superiori a quelli del regista americano.

Lolita è un’intelligente e sensibile studentessa parigina, traumatizzata dalla sua obesità e dalla mancanza d’interesse verso di lei da parte del padre, il famoso romanziere Etienne Cassard, egoista e frivolo. La vita di questo “brutto anatroccolo” si arricchisce di una nuova inattesa dimensione, quando Lolita convince la sua professoressa di canto, Sylvia, a dirigere una corale amatoriale che sta preparando un recital in una chiesa di paese. L’iniziativa aiuta anche Sylvia a superare la propria insicurezza e quella del marito, Pierre, scrittore in crisi.

Agnès Jaoui ha definito il suo film come “una storia di esseri umani che sanno perfettamente cosa dovrebbero fare al posto degli altri, ma non se la cavano altrettanto bene quando tocca a loro vivere la propria vita”. Da questo punto di vista, la regista francese ha creato una galleria di personaggi, vicini e profondi, attraverso le contraddizioni dei quali indaga temi molto suggestivi, come i rapporti di potere nel mondo attuale -inclusi anche nel rapporto genitori-figli- la tirannia dell’immagine e della bellezza fisica, la sete di amore e di riconoscimento, il valore della musica classica, baluardo di spiritualità in un mondo materializzato.

Jaoui espone tutto ciò in tono leggero, ma sottile e non conformista; un tono comprensivo con tutti i personaggi, ma esigente nei giudizi morali sui loro atteggiamenti. Il film ne guadagna in profondità e coinvolgimento, impreziosito dalla brillantezza dei dialoghi, dalla qualità delle interpretazioni e dalla freschezza della messa in scena. Jerónimo José Martín. ACEPRENSA.

De-lovely

13/11/2004. Regista: Irwin Winkler. Sceneggiatura: Jay Cocks. Interpreti: Kevin Kline, Asley Judd, Jonathan Pryce. 125 min. USA. 2004. Adulti.

Cole Porter (1891-1964), attende la morte in solitudine, suonando al pianoforte una melodia melanconica e famigliare, nel suo appartamento di New York. Il fantasma di un vecchio collaboratore porta Cole in un teatro vuoto dove si sta rappresentando, su palcoscenico, la vita dello stesso Cole. Tutte le figure chiave del suo passato appaiono sulla scena per rappresentare di nuovo la sua vita: amori, amici,colleghi, e la persona più importante: la moglieLinda.

Diretta da Irwin Winkler (New York, 1931), veterano produttore e regista di film premiati da 12 Oscars e 45 nomination, De-Lovely ha un copione molto elaborato, su iniziativa di Jay Cocks (Gangs of New York, L’età dell’innocenza), che mette insieme vita ed opera del compositore di indimenticabili canzoni immortalate dal cinema, come Your Are the Top, Night and Day, Begin the Beguine.

L’eccellente scenografia, i costumi fastosi, la delicata fotografia di Pierce-Robberts (Quel che resta del giorno, Casa Howard), nonché la presenza di stelle del mondo della canzone (Robbie Williams, Elvis Costello, Diana Krall, Alanis Morissette, Sheryl Crow, Natalie Cole, Vivian Green, Lara Fabian, Lemar, ecc.), che interpretano con molto talento le belle canzoni di Porter, arricchiscono il film di momenti musicali veramente memorabili.

Non così entusiasmante l’approccio alla vita di Porter, nella quale tutto o quasi tutto si riduce a frivola promiscuità sessuale, con insistiti riferimenti all’omosessualità dell’egocentrico protagonista. Winkler e il suo sceneggiatore trattano la questione con sguardo impassibile, senza nobilitare i rapporti omosessuali, né censurare il comportamento del compositore. Ma battere su questo tasto, finisce per compromettere in maniera irreparabile il film. Kline e Judd dimostrano eccellente talento interpretativo. Alberto Fijo, ACEPRENSA.